Pellegrini di speranza: alimentare la speranza nella vita di coppia – Incontro on line con Nicoletta e Davide Oreglia

Il 20 gennaio on line si è tenuto il secondo incontro di formazione sul tema giubilare della speranza. Davide e Nicoletta Oreglia ci hanno aiutato a leggere la dimensione in modo dinamico e incarnato nella relazione di coppia e familiare.

Davide e Nicoletta hanno conseguito il Master al Giovanni Paolo II nel 1998 quando erano ancora fidanzati. Si sono poi sposati l’anno successivo nel ‘99 quindi a ottobre del 2024 hanno festeggiato i 25 anni di matrimonio nei quali hanno avuto il dono di avere 5 figli. Come i coniugi Oreglia sono attivi nella formazione di coppie e famiglie mettendo in gioco la loro preparazione e sensibilità con grande capacità comunicativa.

Qui il loro sito https://www.mussoreglia.it

Qui alcuni titoli delle loro pubblicazioni Casa Editrice Effatà

La loro formazione è certamente frutto di un percorso ma anche di necessità che intravedevano nell’orizzonte delle coppie:  le difficoltà, le richieste di aiuto, erano le più svariate quindi il cammino prima della mediazione poi della consulenza e di quella sessuologica hanno arricchito il percorso formativo di Nicoletta – nell’incontro ne hanno ripreso le implicazioni importanti visto che parliamo di speranza nelle situazioni di difficoltà attuali.

Lasciamo dunque la parola ai relatori il cui intervento integrale potete poi seguire nel video allegato alla fine di questo articolo. Di seguito riportiamo in modo non sempre letterale ma cercando di rispettare il senso e i contenuti degli interventi di Nicoletta e Davide senza gli interventi e domande finali che potete comunque riascoltare nel video finale. Buona lettura!

Abitiamo a Mondovì in Piemonte e abbiamo l’occasione di girare per l’Italia e quindi anche raccogliere un po’ quello che è la realtà della coppia, della famiglia della pastorale familiare nelle varie zone d’Italia e allora pensavamo di fare un discorso un po’ più generale facendo un focus su tre aspetti particolari che ci sono e i tre aspetti sui quali oggi occorre all’interno della coppia, della famiglia della società un po’ tutti e della pastorale avere attenzione particolare. Questi tre aspetti li toccherà Nicoletta io prima faccio una brevissima introduzione o cornice: abbiamo proprio pensato questo che cosa vuol dire oggi seminare, avere speranza nella coppia e nella famiglia; forse una bella sintesi un po’ un filo rosso che ci condurrà questa serata è quello di Cana: sapere che c’è un vino buono che ci aspetta, un vino che in qualche modo è atteso ma che anche inaspettato nel senso può essere migliore di quello che noi attendavamo. La caratteristica di questo vino, di questo miracolo fra le tante letture che ci sono, a noi sembra che possa essere questa: non è un vino nuovo che arriva da fuori – Gesù non fa questo miracolo e va a scovare un posto da dove può arrivare del vino buono alla fine del banchetto ma parte e arriva dalle giare dall’acqua che i servi vanno a riempire. Nelle giare – cioè da ciò che c’è già, da ciò che coppia e la famiglia: la realtà nel suo ampio aspetto pastorale che  già vivono. Penso alle buone cose che ci sono e che a volte rischiamo di non utilizzare o di dire che tanto poi finiranno e ve lo diciamo con un’espressione avuta a tavola con si chiama Don Gianluca, un prete di Milano dove siamo andati a fare un incontro dell’oratorio. Storicamente la gran parte dei percorsi dell’oratorio si sono sviluppati maggiormente a Milano e lì abbiamo toccato con mano ancora una volta una realtà viva con famiglie, percorsi per ragazzi, per genitori. Incontrando i genitori e le coppie a tavola si diceva che stanno diminuendo, che non c’è più la frequenza di una volta e che si fa fatica. Il don milanese riportava la tendenza di molti suoi confratelli che ritenevano che gradualmente l’oratorio verrà meno mentre lui dice no: forse speranza vuol dire anche non rassegnarsi a questo e partire da ciò che c’è quindi perché non lavorare e fare ancora progetti su queste coppie e su queste famiglie?A noi è sembrata una bella immagine di speranza: sembra che le cose vadano in una certa direzione e può darsi che sia così logicamente, statisticamente ma questo non deve essere una scusa per dire beh allora le chiese saranno vuote mentre invece lavorare con speranza è partire da ciò che c’è dall’acqua che può essere trasformata in vino. Prima di dare la parola a Nicoletta propongo un testo che non è conosciutissimo e che ultimamente capita di utilizzare quando dobbiamo parlare di crescita dell’amore in famiglia e di speranza; si tratta di un testo al capitolo 4 del secondo libro dei Re ed è il racconto di un miracolo di Eliseo poco conosciuto, è un testo che abbiamo conosciuto e che ci sembra dare una bella luce a cosa vuol dire oggi in coppia e in famiglia vivere la speranza lo leggo sono tre versetti quindi non è molto lungo:

38Eliseo tornò a Gàlgala. Nella regione c’era carestia. Mentre i figli dei profeti stavano seduti davanti a lui, egli disse al suo servo: “Metti la pentola grande e cuoci una minestra per i figli dei profeti”. 39Uno di essi andò in campagna per cogliere erbe selvatiche e trovò una specie di vite selvatica: da essa colse zucche agresti e se ne riempì il mantello. Ritornò e gettò i frutti a pezzi nella pentola della minestra, non sapendo che cosa fossero. 40Si versò da mangiare agli uomini, che appena assaggiata la minestra gridarono: “Nella pentola c’è la morte, uomo di Dio!”. Non ne potevano mangiare. 

Lascio da parte l’ultimo versetto il 41 per così concentrazione su quello che farà poi Eliseo rispetto a quello che forse noi tutti io per primo, noi per primi siamo portati a fare in queste occasioni, un periodo di carestia e non tutto va per il meglio però bisogna pur mangiare ed Eliseo dice di prendere una pentola d’acqua e metterla sul fuoco per fare appunto una minestra.

Uno dei discepoli di Eliseo, preso dal sacro fuoco, per arricchire la minestra insipida esce e trova delle zucche agresti, le mette e taglia pezzettini mettendoli nella pentola e quando ha finito di cuocere lo versa nel piatto dei commensali. Ma come abbiamo sentito c’è la reazione negativa degli uomini che dopo averla assaggiata dicono che non si può mangiare e che è avvelenata. Di fronte a questo la reazione spesso ripeto nostra, potrebbe essere quella di dire, che con una minestra avvelenata c’è poco da fare, purtroppo non possiamo togliere gli eventuali pezzi avvelenati e diciamo di buttarla via.

Eliseo invece ci invita a fare, ci invita, ad agire – chiaramente lui può perché è profeta, faceva i miracoli: 41Allora Eliseo ordinò: “Andate a prendere della farina”. Versatala nella pentola, disse: “Danne da mangiare a questa gente”. Non c’era più nulla di cattivo nella pentola.

A noi sembra che ci indichi una bella strada da percorrere nella vita di coppia, di famiglia, ma anche di comunità, una possibile strada per migliorare, è quella di eliminare le cose negative, i piccoli difetti che ciascuno di noi ha, di provare poco per volta a toglierli e sicuramente è una strada da percorrere, potrebbe essere invece interessante pensare ad un’altra strategia che ci suggerisce Eliseo, di fronte a una minestra avvelenata, a qualcosa che non va, a una crisi dice, prendete della farina, gettatela nella minestra e avviene il miracolo, la minestra diventa buona nutriente e la cosa funziona.

La cosa interessante quando incontriamo le coppie o le famiglie, chiediamo di pensare alle persone presenti quale può essere la farina che la coppia ha e che potrebbe essere quell’ingrediente necessario per risanare la loro coppia.

Ma la cosa interessante è proprio questa, che Eliseo dà una speranza concreta perché dice prendi ciò che hai. La farina a noi sembra che voglia dire a quell’ingrediente semplice che tutti noi abbiamo in casa, magari un pochino nascosto indietro nella dispensa che a volte ci dimentichiamo anche di avere, ma è quella cosa che magari ci ha fatto incontrare, ha fatto crescere la nostra coppia, ci ha fatto superare qualche difficoltà e potrebbero essere delle piccole cose che gettate come delle manciate di farina possano permettere a riprendere la speranza, a riprendere il cammino… cos’è la speranza, come si può crescere nella coppia? Nelle favole, noi raccontiamo un po’ questo esempio, tutti sappiamo, bisogna fare delle cose straordinarie è un’immaginario che indica  che per risolvere le situazioni bisogna essere un po supereroi, avere dei superpoteri, ma Eliseo e poi nella seconda parte lo vedremo insieme a voi anche con due passi di Amoris laetitia, ci sembra che la strada per la speranza sia quella di non dover per forza fare grandi cose, ma saper gettare questa farina all’interno della nostra comunità, che è quella cosa che abbiamo ricevuto in dono, che magari ci siamo conquistati, che a volte dimentichiamo di gettare, ed è una strada che a noi sembra concreta e utile per camminare per crescere nella speranza.

E ci sembra che in qualche modo questo aspetto che raccontava Davide, la farina, debba essere utilizzata per riuscire a mantenere in vita o a renderci conto di come stanno i tre aspetti essenziali che ci dicono che c’è una relazione di coppia, che sono

– generatività,

–  stabilità,

– intimità.

Una relazione di coppia c’è quando ci sono questi tre aspetti: quando è generativa, quando è stabile, quando è intima.

Generativa cosa vuol dire? È una relazione che porta vita a noi, in primis e poi agli altri.

Nessuno ha un amore più grande di questo, dare la vita. Noi spesso questa frase di Gesù la collochiamo  subito nella scena del Calvario. Dare la vita quotidianamente con piccoli gesti che danno la vita a Davide  e saper ricevere la vita da lui. Quindi è generativa in questo modo.

 È intima cioè la relazione che abbiamo noi due, anche la relazione fisica è particolare, unica ed è armoniosa con l’età che abbiamo.

È generativa, è intima ed è stabile. È la linea del tempo. Ha un passato, un presente e un futuro che sta dentro il nostro cuore, che magari è solo abbozzato, ma è una relazione quando ci sono questi tre aspetti e aiutare le coppie ad averle nel cuore e a ricordarsi che questi tre aspetti ci sono e si possono far crescere, a parer nostro è essenziale. Fuori di questi tre aspetti la relazione è difficile e complessa. Secondo me forse non ce nemmeno. Lì dentro invece c’è la possibilità di fare quello che diceva Davide, buttare una manciata di farina. Ha l’intimità e vive una stabilità.

Ma questa sera noi proviamo a vedere insieme a voi che cosa vuol dire esserci o non esserci uno di questi tre aspetti raccontandovi tre minuscole storie che a noi sono entrate nel cuore perché sono tre aspetti che soprattutto io, dal punto di vista lavorativo, ricevo sempre più frequentemente.

Dunque   tre tipologie di coppie o di eventi di vita con età diversissime.

  1. La prima noi l’abbiamo chiamata così, Giovani e amore.

“Ciao, scusa se ti scrivo a quest’ora tarda della notte, ma avevo bisogno di mettere ordine nei miei pensieri e se te li racconto mi pare di farlo meglio. Io mi sento al palo. Non riesco a venire fuori dalla rottura con Roby. Lo so che ho chiuso io la storia. L’ho fatto dopo un anno di relazione a distanza Verona-Catania. Lo so che ho fatto tutto prima di partire per l’Erasmus e che ci eravamo detti che sarebbe stato impossibile tenere in piedi una storia traballante se ci mettevamo in mezzo altri 900 km. Ma io non sto bene. E sai perché? Perché Roby sta andando avanti e io invece no. Nella nostra storia ricordi che spesso ti dicevo che io ero la parte decisa. Io sapevo cosa c’era di buono tra di noi e cosa mancava.

Io ero la parte più solida o almeno così credevo. Perché in tutti i passati, dopo che ci siamo lasciati, è capitata una cosa strana. Io ho avuto altre storie, anche carine. Hanno fatto tutte lo stesso ciclo: conosco una ragazza, ci esco insieme una o due volte. Mi piace molto e anche io piaccio a lei. Poi ci faccio l’amore. Ed è tutto fantastico. Allora decidiamo di passare più tempo insieme e fino a qui tutto bene. Poi inizio a pensare che forse la magia non c’è. Che lei si fida di me ma io potrei farla soffrire. Mi viene dentro la certezza che non sono sicuro per nulla di me, di lei, di noi. E la allontano. Perché? Se facciamo troppo sul serio lei capisce che non ho le idee chiare più. Tutto questo ci allontana o meglio, mette lei lontano da me. Fino a che lei mi lascia. È la terza volta che questo succede”.

Questa narrazione che è vera – cioè è l’insieme di tante storie ma il motivo di fondo è quello: in una storia così la generatività non solo non c’è ma è confusa. Essere generativi in una coppia non vuol dire stare bene. Stare bene è “stato in luogo” nella vita di relazione ed è triste. Cioè non so voi ma noi come coppia siamo sempre in rotolamento più che è “stato in luogo”. È un movimento continuo. La generatività fra di noi è quella capacità che abbiamo imparato, ricevuta in dono.

Davide è generativo perché non mi lascia stare in una situazione statica; vede  frutti in me di cui io non intuisco neanche i semi. E lì in questa modalità amorevole ogni tanto mi spintona. In senso figurato.

Ogni tanto parla di me a me, di una Nicoletta che ancora non c’è e che ci potrebbe essere. Tante di queste cose penso le nostre coppie le potrebbero raccontare. Si tratta di un aspetto  che mi aiuta ad andare avanti. In questa prima storia la generatività non c’è. Ho provato a scriverla in modo che non si capisse se lo scrivente è Roby è Roberto o Roberta.

Ma qui non c’è generatività. Qui c’è nostalgia. Qui c’è il revival del “come eravamo belli” come stavamo bene. Questo è l’altro aspetto. Ai nostri ragazzi o alle coppie giovani o meno giovani raccontare che questo aspetto della generatività è fondamentale. Non bisogna fermarsi un attimo. La generatività non è stare bene ma è stare in cammino. E se non si cammina bene in coppia vale la pena rallentare.

Ma nello stesso tempo raccontare alle coppie che camminare insieme in coppia si impara. piano piano insieme. Anche in questo affinare lo sguardo per vedere la farina. Quello che diceva Davide prima: vedere la farina che ho io e che posso regalare a te e la farina che hai tu e che puoi regalare a me. In questo amorevole cammino.

Giordano:  Ti porto una citazione di Bateson: Un uomo che cammina non è mai in equilibrio ma corregge continuamente il suo squilibrio. A me è piaciuta molto. E secondo me sta perfettamente dentro a questa storia che avete raccontato. Così. Scusate l’interruzione. Grazie

Nicoletta

Grazie. Ci fa piacere. Altro aspetto quello dell’intimità. Essenziale. Preziosissima. L’intimità non è solo fare l’amore. L’intimità è tante cose. È quella capacità che la coppia ha di generare un legame di piacere. È un legame di piacere. È il piacere di stare insieme. Di camminare. Il piacere di aspettarsi. Il piacere di stare anche con dei gesti fisici. Che non dicono tutta la pienezza che vorremmo. Ma adesso è così. L’intimità è questo. Qual è il rischio che noi vediamo oggi?E ve lo raccontiamo in questo modo.

2. Intimità

  • Ma papà Cosa stai guardando? “ Ho la schiena gelata da un rivolo di sudore che scende. Tra le mani ho il mio telefono aperto su Pornhub. E alle spalle mia figlia di otto anni. È certo che ha visto anche lei questa donna dalle tette enormi che mi ammicca dallo schermo. Spero non abbia visto anche quello che c’era prima. Ora non so cosa fare. Rispondo a una domanda con una domanda? La sgrido? Faccio finta di niente O provo a dirle che un virus si è impossessato del mio telefono? Decido per un’altra strategia. E esclamo.” Guarda cosa mi mandano i colleghi in chat! Ma sono proprio dei cretini!”. E intanto chiudo. Mentre faccio questo mia moglie dalla cucina urla che è pronto il dolce per la merenda. E la piccola scatta via. Attirata dal richiamo del pane e cioccolato. Prendo dallo scaffale il gioco che lei adora. Un set di esperimenti di chimica. E che faccio raramente insieme a lei. Perché mi costringono a giocare per un tempo infinito e indefinito. E a posare il telefono per quasi due ore. Ma così se le dovesse di nuovo venire in mente qualcosa lo direbbe a me. E non a sua madre. Spero che il piano funzioni. Alla sera di questo sabato passato a casa. Mentre a letto mia moglie dorme. Ripenso a cosa è successo. E mi permetto di darmi del cretino. Dello stupido da solo a mezza voce. Non so da quanto guardo il porno. Non mi pare una cosa così grave. Scarica la tensione e lo stress. In questo modo non è male. Direi che non faccio male a nessuno. Certo stavo per farmi un gran brutto autogol oggi pomeriggio. Il porno mi rilassa e mi rende tranquillo. Ma fino ad oggi non avevo provato quanto mi fosse entrato nel cervello. Come ho potuto aprire il sito dal divano di casa? E se mi avesse visto mia moglie?”

La pervasività del porno è pervasivo e dilagante. Uno degli ultimi testi che abbiamo letto – molto centrato sull’argomento- è il testo  di Lily Gruber “ Non farti fottere” dove ci sono le cifre del porno. E che cos’è il porno? È il modo migliore e più efficace di smettere di fare l’amore con la nostra donna e col nostro uomo. Proprio così. Perché è fatto per tenerci legato al porno.

Che non ha nulla a che vedere con l’intimità della nostra coppia. Per mille motivi Ma il primo fondamentale da ricordarci è che l’intimità è un vestito su misura di alta sartoria. Che ogni coppia taglia sulla propria relazione di coppia. Aggiustandolo perché col passare del tempo è da aggiustare. Ed è alta sartoria perché esalta le tue linee belle. C’è un vestito da sarto quelli veri. Esalta quelle  cose belle che hai del tuo fisico e in qualche modo nasconde le altre. Non è che ti strizza come queste guaine che da 48 diventi a 42 non respirando più. Non funziona così. Resti come sei perché il vestito di alta sartoria è comodo. Me lo posso tenere tutto il giorno senza finire così. Però fa questo lavoro. Il porno invece è un abito fatto per vendere i nostri dati e tenerci legati al porno. E funziona. Infatti il traffico del porno è enorme.

I dati di una sola delle grandi famiglie di piattaforme del porno di visualizzazione – solo una di queste famiglie – è più grande di Netflix, Prime e Disney+ messi insieme per cui l’intimità della coppia è drammaticamente sotto lo scacco del porno. A tutte le età. È importante ricordare alle coppie che l’intimità è un vestito su misura che costruiamo, tagliandolo con attenzione,  è faticoso.

Far l’amore è faticoso. Una piacevole fatica. Ma è faticoso. Andarsi incontro è faticoso. E di nuovo ritorno alla farina. Che cos’è che tiene insieme una coppia? Cosa l’aiuta ad avere una intimità bella? Perché è così importante l’intimità di coppia? L’intimità di coppia è importante non perché gli orgasmi siano terapeutici. Non è vero niente. L’intimità di coppia è importante perché genera una complicità di elevata qualità. Cioè ci fa sperimentare una vicinanza tale per cui in qualche modo i nostri corpi, le nostre vite si incontrano.

L’intimità è quello. Noi lo abbiamo scritto in uno dei nostri libri. Il sesso consente ai corpi di incrociarsi. Ma è l’intimità che consente a due storie di incontrarsi. Noi è questo che vogliamo fare quando facciamo l’amore. L’intimità. Quando ci scambiamo gesti di tenerezza ‘intimità. Cioè l’incontro. E questo è un incontro che Davide e Nicoletta imparano a costruire. E che modificano tutto il tempo.

Ma la notizia buona è che abbiamo tutti gli attrezzi che ci servono per poter fare un buonissimo lavoro – la farina. Che cos’è che aiuta una coppia a tenere viva l’intimità? Ricordarsi che noi quando la nostra relazione parte ci viene regalato conto corrente erotico di coppia. Che funziona esattamente come la banca. La banca ti regala il conto corrente e il bancomat ma se non depositi niente, vai al bancomat e prelevi qualcosa?

Quindi, come posso dire, la regola è la stessa dei nostri sistemi bancari. Ma la particolarità del conto corrente erotico di coppia è che sale non in base all’entità dei versamenti ma In base alla frequenza. Non gliene frega niente di quanto è grande il versamento. A lui importano di più i versamenti fatti con frequenza. Quindi una carezza, un abbraccio, un messaggio scritto:” mi manchi”.

Questa cosa è la piccola la farina di cui parlava Davide, ripetuta funziona più  degli eventi che solitamente generano un’ansia infinita nelle coppie. Quindi la farina dell’intimità è essenziale. L’intimità è un vestito su misura di alta sartoria.

 Il porno ci fa lo sgambetto perché è ovunque. E il porno non è sartoria. Il porno è standard per tutti. E quindi raccontare alle coppie di questa speranza di un’intimità buona fatta di piccole manciate di farina, l’abc dell’erotismo: abbracci, baci e carezze, secondo noi è un messaggio di speranza.

Perché lì abbracciare, baciare e accarezzare più o meno elegantemente, ce la facciamo. Far gesti acrobatici  molto meno. Ma invece su queste cose piccole siamo tutti skillati, come si dice adesso, abbastanza per farli. E se li facciamo ripetendoli, la nostra qualità di intimità cresce.

3. Da vecchi

Sono in pensione da un anno e sto benissimo. Ho 65 anni e posso dirmi in vacanza totale Adesso che ci penso, io non me li sento mica gli anni che l’anagrafe mi dà, sto facendo sport due volte alla settimana, non l’avevo mai fatto prima, vado a camminare e poi in piscina. I miei figli sono grandi, autonomi e non hanno nessuna intenzione di farmi diventare nonno. Mi sento giovane, ma lo dico solo tra me e me. Mi pare pure che da quando sono a casa si sono ridotte le rughe e la mia vista vada meglio. Quindi la vecchiaia è molto clemente con me, beh, io ci metto del mio: niente stravizi alimentazione buona, meno negli ultimi 15 anni, stanno dando i loro frutti e poi anche un po’ di fortuna. Insomma il bilancio per me è buono, tranne che per un aspetto, la relazione con mia moglie. Io ho una bella moglie, siamo una coppia, ma da un po’ di tempo ecco, le cose fra di noi non vanno come vorrei. È vero che negli ultimi anni la frenesia del lavoro che è cresciuta ci anche un po’ allontanati. Poi dover assistere i nostri genitori che hanno avuto problemi di salute non ci ha aiutato, con le ore di assistenza diurna e notturna…Ma io mi sento giovane in tutto, intendiamoci, per le donne so cosa capita, la menopausa, si sa, ma io so che per gli uomini non cambia niente.

Allora la stabilità  di una coppia è, noi l’abbiamo raccontato in questo modo, la fatica di ricordarci che la nostra vita di coppia deve crescere e bene che cresca armoniosamente con l’età che abbiamo. E questo punto è una sfida che noi siamo i primi a vivere, affrontare. E questo racconto ci dice che questo bellissimo uomo 65 anni in pensione con poche rughe, ce lo racconta lui, ha anche meno problemi di vista ultimamente, siamo felici per lui, la sua linea del tempo relazionale non è armonica con la sua vita di coppia. Infatti, quando lui pensa il bello della sua coppia va a pescare a quello che loro due facevano nel passato e che adesso non si può più fare, sotto sotto lui dice per colpa di mia moglie che sta andando in menopausa, io sono sempre uguale e vado bene così.

Allora che cos’è che ci racconta e qual è la scommessa che in qualche modo dobbiamo raccogliere noi? Che questa longevità della coppia, di cui poi dirà qualcosa Davide, è una scommessa nei quali noi siamo i primi a mettere le mani. I primi ma per una fortuna. Perché noi viviamo in un mondo in cui, ringraziando, siamo più longevi, che è una cosa bella questa. Prima si moriva più giovani, cioè non è una iattura. Questa longevità richiede di imparare che cosa voglia dire avere una coppia viva dove le due persone che la formano hanno 60 anni, 65, 70, 75 e quello che dicevamo prima, la generatività, l’intimità, la stabilità, devono in qualche modo essere armoniosi e la stabilità con il tempo storico che stiamo vivendo.

E noi su questo invece facciamo un po’ fatica.

Perché quando nella nostra testa pensiamo a una coppia che ha una buona vita, una buona vita relazionale, istintivamente noi mettiamo questi due in un’età anagrafica che va dai 20 ai 30, 35, 40 al massimo e li frizziamo lì. Mentre non raccontiamo a noi e soprattutto forse non raccontiamo abbastanza alle coppie che incontriamo. Io ho 52 anni, insomma vado nei 53, non sono quella di quando avevo 40 anni,  questo è poco ma più che sicuro, però la mia tonicità del cuore ha imparato tante cose.

Cioè Nicoletta adesso su tante cose è meno elastica forse, sicuro sì, questo è sicuro. Però  le mie competenze sono cresciute. mie competenze relazionali tanto, le nostre competenze di coppia anche.

E su questo vale la pena gettare una manciata di farina di speranza. Perché la nostra coppia ha fatto i conti con tante coppie, su molte ci siamo presi a pugni in senso naturalmente sempre figurato. Cioè su tante cose stiamo discutendo ancora adesso, ma la nostra competenza a stare insieme è cresciuta. Che è qualcosa che ci fa dire che uno dei miti più tremendi sulla vita di coppia che secondo noi c’è è che da giovani è tutto più bello. Nella nostra esperienza, ma poi magari anche per  tanti di noi, iniziare una relazione di coppia è molto faticoso.

L’inizio di una storia d’amore è faticosa, è emozionante, ma richiede tanti aspetti nei quali generare un incontro. Più si va avanti nella vita di coppia, più alcune cose sono conosciute. Per contro, una cosa che abbiamo anche raccontato, dobbiamo sempre ricordarci che la nostra coppia è come un bambino. Per questo la stabilità ci è entrata molto nel cuore. È come un bambino, è come un bambino in base all’età che ha, ha bisogno di essere nutrito con un cibo una qualità, una quantità idonea. Quindi la nostra coppia quando aveva sei mesi un anno, era sei mesi, era una coppia lattante, due, tre mesi biberon dolci caldi quando ti serve. Quando la nostra coppia cresce, esattamente come un bambino, crescendo, non gli basta più il biberon dolce che sceglie.

Ha bisogno di cose ancora più sostanziose. La nostra coppia ha 25 anni. Chi di voi ha in casa un figlio 25enne sa quanta roba sono in grado di mangiare quando ringraziando il cielo sono sani. La nostra coppia in questo momento ha più fame di qualche tempo fa.

Ha fame di cibo, perché abbiamo più fame di prima. 25 anni è un un’età esplosiva. I nostri figli magari stanno concludendo gli studi, qualcuno sta già lavorando. Ha fame anche di conoscenza. A me verrebbe da dire più di qualche tempo fa. Ma qualcuno ha sbagliato qualcosa? La risposta è no. È che la coppia Davide e Nicoletta è cresciuta. Ora ha 25 anni e ha fame a tutte le ore, in continuazione. Ha fame di cibo e ha fame di conoscenza, di incontri, di approfondimento. Ha fame di questo.

Io devo ricordarmelo, perché non è come per  lo scoiattolo ( metti dentro la quercia tutte le ghiande che ti serviranno per l’inverno)… Vi do una bella o brutta notizia, non siamo scoiattoli, non abbiamo le ghiande e non c’è la quercia. Cioè, non funzioniamo in questo modo qua.

Noi cresciamo, capitalizziamo sì. Ma non abbiamo un freezer emotivo in cui congelare per poi scongelare nei momenti di crisi. Non funzioniamo in questo modo. Noi abbiamo una coppia che ha fame. E più passa, più cresce più questa fame aumenta. Ma è un segno buono questo. Aumenta la fame d’incontro aumenta la fame di formare, aumenta la fame di coccole. Perché? Perché ho più bisogno di certi aspetti adesso, di conferme. E questi cambiamenti a noi sembra che ( di nuovo la farina che diceva Davide) ci andiamo incontro bene se riusciamo a ricordarci che le cose piccole ripetute che ci tengono vicini, sono quelle che sono vincenti nella dinamica della nostra relazione.

Quindi le coppie, come raccontava Davide, che riescono in qualche modo a camminare, non sono supereroi. Sono coppie che imparano questa manciata di farina da gettare, da gettare e da gettare.

Davide

Nel avervi raccontato queste tre storie volevamo sottolineare questi tre aspetti che costituiscono l’essenza di una coppia; ci sono sempre stati ma oggi sono un po’ sotto attacco per i motivi che più o meno abbiamo detto. Quindi la generatività con l’idea della relazione per me e facendo così rischia di non creare lo spazio per essere generativi. L’intimità come quell’idea che è tutto subito e dopo un po’ le cose vengono meno e adesso affronteremo questo.

E la stabilità che in qualche modo ci può dire che nel tempo noi possiamo e dobbiamo imparare delle nuove competenze per vivere ciò che ci siamo promessi. Apro una parentesi. Recentemente abbiamo, Nicoletta fa questo di lavoro, incontra le coppie in difficoltà; poi capita come a tutti che a cena incontri una coppia, viene da te, magari ti racconta qualcosa, un po’ sa che tu sei quello tra virgolette esperto, allora prova a lanciare lì qualcosa.

Ricordo che lui diceva “adesso siamo in difficoltà però io non posso pensare di separarmi perché col matrimonio in chiesa ho promesso di stare con lei tutta la vita”. Io stavo zitto, cioè, ero stato zitto e Nicoletta ha avuto una luce e ha detto : “ no, non è vero, non hai promesso quello. in chiesa tu non hai promesso di stare con lei e lei non ha promesso di stare con te… nessuno di noi ha promesso di stare con l’altro tutta la vita ma come sappiamo bene nel rito io prometto di amarti e onorarti con la grazia di Cristo tutti i giorni della mia vita quindi è un po’ diverso promettere di stare insieme dal promettere di amarsi e onorarsi… a volte noi diamo l’idea o abbiamo l’idea che un matrimonio riuscito è quello della resistenza: quanto i due sono bravi a stare insieme allora quello è un matrimonio riuscito; sappiamo che a proposito di vino buono non è quello l’obiettivo di vivere ad acqua tutta la tutta la vita o di sforzarsi di stare insieme.  A questo proposito vi leggo quello che in Amoris laetitia al numero 163 – adatto un po’ in là  questo al terzo degli aspetti della vita Anche da vecchi così come l’abbiamo chiamata.

Papa Francesco è molto chiaro:

Il prolungarsi della vita fa sì che si verifichi qualcosa che non era comune in altri tempi: la

relazione intima e la reciproca appartenenza devono conservarsi per quattro, cinque o sei

decenni, e questo comporta la necessità di ritornare a scegliersi a più riprese.

Mi  fermo un attimo per fare una parentesi; a volte consideriamo i percorsi chiamiamoli per fidanzati come se dovessimo dare delle indicazioni a delle coppie che si mettono insieme a vent’anni e a 25 si sposano e poi la loro vita interessante di coppia arriva fino a 40/50 anni e poi non ce ne preoccupiamo più.  Cento anni fa la speranza di vita, dice sempre l’Istat, era di 60 anni, di 50 anni a volte, mentre oggi abbiamo una speranza di vita che ringraziando supera gli 80 anni; come tutti sappiamo le coppie non è raro che si mettano insieme sia come prima storia o come storie successive a 30 o 40 anni e devono vivere una vita di coppia di 4, 5, 6 decenni… è molto diverso ragionare a fare un percorso per coppie tra i 20 e i 50 anni rispetto a quello per coppie dai 40 agli 80 anni, eppure non siamo così abituati e il Papa ci dice che è necessario ritornare a scegliersi più riprese a ragionare un po’ su questo aspetto.

Al numero successivo dice nella storia di un matrimonio l’aspetto fisico muta ma questo non è un motivo perché l’attrazione amorosa venga meno, quando gli altri non possono più riconoscere la bellezza dell’altro: il coniuge innamorato continua ad essere capace di percepirla con l’istinto dell’amore e l’affetto così non scompare, riafferma la sua decisione di appartenere ad essa, la sceglie nuovamente ed esprime tale scelta attraverso una vicinanza fedele e colma di tenerezza.

È un invito a ragionare su lunghi anni che però richiede un approccio che può essere diverso; e l’altro aspetto che volevamo toccare lo troviamo al numero 134[1] che è la parte che ci piace di più o meglio che ha più colpito noi di Amoris laetitia quando parla qui parla della crescita dell’amore secondo noi potremmo tradurlo tranquillamente come dare speranza alla coppia: alla famiglia  viene scritto così L’amore matrimoniale non si custodisce prima di tutto parlando dell’indissolubilità come di un obbligo, o ripetendo una dottrina, ma fortificandolo grazie ad una crescita costante sotto l’impulso della grazia.

Poi questa frase che per noi è diventato un po’ il titolo anche del nostro sito:

L’amore che non cresce inizia a correre rischi, e possiamo crescere soltanto corrispondendo alla grazia divina mediante più atti di amore, con atti di affetto più frequenti, più intensi, più generosi, più teneri, più allegri.

Quando abbiamo letto quello la prima volta non ci abbiamo fatto caso poi col passare una seconda lettura in occasione della preparazione di un incontro abbiamo notato che insomma qui dice qualcosa di davvero grande stupefacente: l’amore che non cresce inizia a correre rischi. Ok questo è già un aspetto Importante ma poi ci dice come fare crescere quest’amore, come far crescere la speranza. Ti aspetteresti chissà quale ricetta quale indicazione da parte del Papa che invece è molto concreto e dice possiamo soltanto crescere nell’amore corrispondendo alla grazia divina riconoscendo che un dono che abbiamo ricevuto a partire dal battesimo, dai sacramenti ma soprattutto col dono del sacramento del matrimonio: non l’abbiamo costruito noi l’amore, ci viene donato, noi siamo chiamati a custodirlo certamente, a farlo crescere soltanto corrispondendo alla grazia divina con atti di affetto. È concretissimo e poi utilizza queste cinque caratteristiche più frequenti più intensi più generosi più teneri e più allegri. Come posso dare speranza alla nostra coppia direbbe Papa Francesco: gesti più frequenti; non avere paura del ”ti voglio bene”, della carezza, del messaggino più intensi da mettere dentro la coppia, la realtà familiare, la realtà che noi viviamo; a volte quell’intensità che mettiamo in altri aspetti negli hobby nel lavoro. All’interno della nostra coppia cerchiamo di essere generosi cioè di non stancarci di farlo anche quando magari non abbiamo quell’entusiasmo, quel trasporto che in certi casi viviamo. Rischiamo di dire “vabbè se oggi non me la sento, tanto non le dico che le voglio bene, non la accarezzo, non vado incontro a lei…”. La generosità è un aspetto molto importante che a volte viene un pochino tralasciato a favore del questo fantomatica spontaneità – se non è spontaneo le cose non vanno bene ma sappiamo tutti che la spontaneità non esiste e non è quello che fa stare insieme una realtà di coppia e di famiglia…ma gesti frequenti, intensi, generosi, teneri; la tenerezza che è ciò che custodisce la crescita della coppia. Allegri …è bello che metta anche questo aggettivo in cui c’è un aspetto anche di speranza e di gioia.

Tra i vari testi che ci sono sulla speranza il giubileo uno bello che suggerisco se non l’avete ancora visto è quello scritto sempre da Papa Francesco in occasione della giornata mondiale della gioventù[2];  il messaggio di Papa Francesco quando si rivolge ai giovani usa questi quattro punti di un testo abbastanza breve e il primo riprende proprio il titolo dello slogan del giubileo tratto da Isaia 40 «Quanti sperano nel Signore […] camminano senza stancarsi» (Is 40,31) che ha un secondo aspetto che dice la nostra vita è come un pellegrinaggio un viaggio, un cammino alla ricerca della felicità terzo aspetto tuttavia è normale che pur iniziando i nostri percorsi con entusiasmo prima o poi cominciamo ad avvertire la stanchezza a volte ansia, fatica.

Pressioni sociali che ci rischiano di farci di farci fermare e qui dice una bellissima cosa che il quarto punto che quello che sottolineiamo: la soluzione alla stanchezza paradossalmente non è restare fermi per riposare ma piuttosto mettersi in cammino e diventare pellegrini di ogni speranza perché è la speranza che vince ogni stanchezza, ogni crisi, ogni ansia dandoci una motivazione forte per andare avanti . Essa come dono che riceviamo da Dio riempie di senso il nostro tempo, ci illumina nel cammino e ci indica la direzione e la vita della vita.

E’ ciò che tutti cercano non solo le coppie e le famiglie pensiamo ai giovani a quelli di cui abbiamo raccontato nella prima storia che è una storia abbastanza realistica riempie di senso ciò che stiamo facendo, illumina il cammino cioè ci dice dove stiamo andando e ci dà una direzione.

A noi piace usare questa doppia immagine che abbiamo utilizzato in un altro incontro la speranza è insieme faro e fiaccola cioè quella luce questo faro che immaginiamo la chiesa[3], la dottrina, le indicazioni, i grandi eventi – possono anche essere i grandi eventi del sacramento quando viene celebrato è una luce che ti indica la direzione; ma riprendo una immagine riferita alla Chiesa: non solo la luce del faro è necessaria, a volte per essere uomini e donne di speranza e per seminare la speranza è necessario anche avere delle fiaccole o noi stessi essere fiaccole: una luce più tenue ma più a portata di mano che illumina il percorso. Tutti noi sappiamo essere necessario avere questa piccola fiaccola che ti fa vedere dove mettere i piedi e riesce a farmi vedere il cammino percorribile.

La speranza è come una forza nuova che Dio infonde in noi quindi non solo un faro non solo una fiaccola ma qualcosa che ti dà la forza di camminare.

 Ancora l’immagine del vino al di là una cosa che rallegra, che dà forza, dà entusiasmo, gioia e che ti permette di camminare ; la speranza per la coppia e per la famiglia è proprio questa.

Do l’assist a Nicoletta per l’ultima cosa, tenendo conto di un aspetto fondamentale oggi – c’è sempre c’è stato ma oggi forse più di una volta – che è quello del ricalcolo :la necessità di ricalcolare e su questo ne abbia scritto qualcosina ma adesso Nicoletta lo riassume.

Nicoletta

Il ricalcolo è quella capacità, quel dono, quell’arte secondo noi fortunati che piano piano la coppia affina che esattamente quello che ci fa fare il navigatore quando – se siete come noi che senza l’orientamento – dobbiamo andare da una città ad un’altra a secondo di quello che gli abbiamo detto noi ( la strada più comoda, più veloce, più pratica per arrivare ); poi può succedere che iniziamo a percorrere l’itinerario e per qualche motivo la strada non è più possibile quindi il navigatore ricalcola cioè trova un’altra strada percorribile per poter sempre andare verso la direzione che noi gli avevamo dato.

Il ricalcolo è un’arte che le nostre coppie devono imparare a far crescere, che è preziosa; quando è che una coppia ricalcola? Facciamo qualche esempio. noi avevamo deciso appena sposati dopo un po di comprarci una cascina perché avevamo due bei lavori e volevamo una bella casa in campagna ma mica per starci solo noi a grattarci la pancia ma per accogliere gli amici e magari che ne so fare una cascina didattica … ci mettono in cassa integrazione.

 Noi avevamo pensato dopo che ci siamo messi insieme di viaggiare perché ci piace tanto viaggiare e poi abbiamo io c’ho una zia missionaria e lui c’ha no zio missionario e saremmo andati in giro ovunque: si ammala la mia mamma.

La nostra coppia è chiamata a ricalcolare in modo energico e deciso e il ricalcolo è impegnativo  e faticoso; che cosa dobbiamo ricordare alle coppie camminano con noi che quando siamo lì la paura ci e solitamente colpisce tutti e due, a volte più uno, a volte meno l’altro… quando abbiamo paura non sappiamo da che parte andare perché è complesso fare queste elaborazioni …dobbiamo raccontare alle nostre coppie che nei momenti di fatica ognuno di noi vive la sofferenza in un modo differente e soprattutto in un modo che è un mistero a se stesso. Mi sarà capitato qualche volta di stare male e di non riuscire anche a raccontare all’altro che cosa potesse  fare per starmi vicino. Il  ricalcolo è quell’arte che viene richiesta a noi coppie più di una volta che è  dato da qualcosa che magari non dipende da noi ma dalla capacità di ricordarci che nella fatica, nei momenti complicati, restare vicini non è spontaneo – anche se abbiamo la medesima sofferenza cioè se lo stesso evento che ci fa star male: la sofferenza di Nicoletta e quella di Davide sono due cose diverse e noi l’abbiamo raccontato in un libro dove abbiamo preso proprio uno dei recalcoli più impegnativi di una coppia che desidera avere figli e questa cosa non si realizza. La dinamica che questa coppia che ci siamo inventati – Marco e Giulia – vive tutte le volte che Giulia ha il ciclo lei una donna bellissima tra i 30 e i 40 anni che da quando ha realizzato che avere bambini non sarebbe stato come lei se l’era immaginato… ogni volta che arriva il ciclo lei piange, sta seduta sul divano un pomeriggio intero avvolta in una coperta di pile. Marco, suo marito, che è un uomo molto innamorato di sua moglie i primi tempi non sapeva cosa fare perché questa Giulia che lui vedeva piangente non era mica la donna che aveva conosciuto. All’inizio si sedeva e parlava poi quando ha capito che più parlava più faceva pasticci, ha imparato a star seduto e zitto e stava seduto e zitto accanto a lei ma le stava vicino in quel modo finché un giorno lui torna a casa dal lavoro, vede gli assorbenti in bagno ma la sua donna, sua moglie, non è sul divano che piange e lui è contento ma è anche triste perché Giulia è in casa che sta cucinando una torta. E mentre il profumo della torta si spande Marco dopo po’ inizia a piangere, non davanti a Giulia, piange il sabato mattina mentre fa l’orto per rilassarsi e non sa bene come fare perché in qualche modo intuisce che la sua donna sta elaborando la sua capacità di soffrire. Ma lui accanto a questa Giulia che fa la torta si deve pensare e a certo punto lei si accorge che lui è triste o ha passato una mattinata in cui ha pianto quando ritorna a casa glielo chiede e lui risponde “Non so perché, non sono mai stato un piagnone, ma ultimamente piango, perché mi sembra che tu non abbia più bisogno di essere consolata da me”. Allora la nostra Giulia che è una Giulia vera dice la tua consolazione per me è di grande compagnia e forse ne ho bisogno in un’altra forma.  Allora stare vicino nelle sofferenze richiede una grande abilità di attenzione e di ascolto e la fatica che sperimentiamo quando siamo obbligati a ricalcolare non perché qualcuno ha sbagliato qualcosa ma perché attorno a noi le cose sono cambiate e non ci possiamo fare niente; è un’arte che si apprende e la speranza è proprio dare a noi, alle nostre coppie, la possibilità di essere anti sismiche, elastiche, che dondolano ma che poi ritornano alla loro posizione; non importa quanto sia stata dura la scossa perché questa è un’abilità che si apprende: non si nasce abili al ricalcolo si apprende piano piano.

Concludiamo citando quello che ci ha detto il vescovo di Ragusa dopo che in un’occasione abbiamo raccontato questa cosa del ricalcolo, che noi abbiamo pensato all’interno della coppia… nodi e della famiglia e riprese nell’omelia quante volte devo ricalcolare e quanto è importante questo aspetto? Credo che l’aspetto del ricalcolo sia proprio un aspetto che riguarda sia la coppia e che riguarda anche proprio la comunità,  l’aspetto della pastorale, perché insieme dobbiamo trovare oggi delle strade – non so se nuove – comunque con degli strumenti nuovi o con delle attenzioni particolari che erano i primi tre aspetti che abbiamo affrontato per saper accompagnare, stare accanto a quelli che siamo chiamati ad incontrare.


[1] Tutto questo si realizza in un cammino di permanente crescita. Questa forma così particolare di amore che è il matrimonio, è chiamata ad una costante maturazione, perché ad essa bisogna sempre applicare quello che san Tommaso d’Aquino diceva della carità: «La carità, in ragione della sua natura, non ha un limite di aumento, essendo essa una partecipazione dell’infinita carità, che è lo Spirito Santo. […] Nemmeno da parte del soggetto le si può porre un limite, poiché col crescere della carità, cresce sempre più anche la capacità di un aumento ulteriore ».[135] San Paolo esortava con forza: «Il Signore vi faccia crescere e sovrabbondare nell’amore fra voi everso tutti» (1 Ts 3,12); e aggiunge: «Riguardo all’amore fraterno […] vi esortiamo, fratelli, a progredire ancora di più» (1 Ts 4,9-10). Ancora di più. L’amore matrimoniale non si custodisce prima di tutto parlando dell’indissolubilità come di un obbligo, o ripetendo una dottrina, ma fortificandolo grazie ad una crescita costante sotto l’impulso della grazia. L’amore che non cresce inizia a correre rischi, e possiamo crescere soltanto corrispondendo alla grazia divina mediante più atti di amore, con atti di affetto più frequenti, più intensi, più generosi, più teneri, più allegri. Il marito e la moglie «sperimentano il senso della propria unità e sempre più pienamente la conseguono».[136] Il dono dell’amore divino che si effonde sugli sposi è al tempo stesso unappello ad un costante sviluppo di questo regalo della grazia.

[2] Cfr. Messaggio del Santo Padre Francesco per la XXXIX Giornata Mondiale della Gioventù 2024, 17.09.2024

[3] Il beato cardinal J. H. Newman, in una sua nota poesia, parlava di una kindly light, una «luce gentile». Leggiamo nella Enciclica Lumen fidei «La fede non è luce che dissipa tutte le nostre tenebre, ma lampada che guida nella notte i nostri passi, e questo basta per il cammino» (n. 57). Dunque, non basta che la Chiesa rifletta la luce di Cristo sulle coppie umane come un faro luminoso, ma statico: occorre che sia anche fiaccola. Infatti, se l’umanità si allontanasse troppo, la luce della Chiesa — per quanto potente — diventerebbe talmente flebile da scomparire per molti. La luce di Cristo riflessa dalla Chiesa non può diventerebbe privilegio di pochi eletti che galleggiano nel recinto di un porto sicuro: una «chiesuola», dunque, più che una Chiesa. La Chiesa intesa come «fiaccola» è chiamata ad accompagnare i processi culturali e sociali che riguardano la famiglia, per quanto ambigui, difficili e poliedrici possano essere. Cit. in A. Spadaro Una chiesa in cammino sinodaleLe sfide pastorali sulla famiglia” in La Civiltà Cattolica Vol IV Quaderno 3945 p. 213 (Anno 2014).

 

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