Riportiamo di seguito il testo dell’intervento di Mons. Solmi, nostro vescovo delegato, ha proposito del Giubileo della speranza e del suo senso per la famiglia oggi. Il testo non è stato rivisto dall’autore e viene anche riportato a piè di pagina nella sua versione audio.
Un anno di misericordia, un anno di grazia, una libertà nuova.
Innanzitutto, una domanda di fondo è: nel 2025 con quanto noi avvertiamo, e in un qualche modo sappiamo circa la relazione coniugale e le famiglie, il contesto, quale sia la sfida?
La sfida forse è ritenere che sia possibile, anzi che sia un dono di Dio, poter celebrare un giubileo, non solo con le famiglie, ma anche all’interno delle famiglie, nella relazione di coppia e nella relazione tra le generazioni.
Forse qui abbiamo bisogno di innestare subito il tema della speranza, anche se personalmente l’avrei messo al secondo punto. Perché noi possiamo dire, anticipare che abbiamo speranza che questo sia possibile, anzi che sia auspicabile, che sia una realtà attesa.
Mi piace pensare al tema allora dell’anno santo del Giubileo, come è declinato per tutti, anche nelle varie realtà che partecipano a quella pienezza che è il sacramento del matrimonio e che partecipano alla famiglia nata dal sacramento del matrimonio.
Perché ho davanti a me le situazioni che si verificano nella nostra pastorale, che sono situazioni nelle quali abbiamo tipologie diverse di attingere alla realtà del matrimonio della famiglia. Penso a chi è in dinamica verso il matrimonio. Una volta parlavamo di fidanzati, ora parliamo di questo rapporto io/tu anche di fidanzati, beninteso, che spesso si declina nel vivere insieme e tutto quello che sappiamo. Parliamo delle relazioni che si sono rotte e che hanno generato altre relazioni con tutta la tipologia possibile in ordine al formare una nuova famiglia anche come un atto pubblico oppure no. E via di questo genere.
Io credo che parlare di giubileo, di anno santo, voglia dire qualcosa di significativo e di forte per tutti attingendo appunto alla dinamica, alla realtà del giubileo, secondo la storia di ognuno, secondo quello che è avvenuto, che sta avvenendo… quei due famosi punti che sono da un lato il dono di Dio che è l’anno santo, dall’altro la storia che ogni famiglia vive e anche quelle storie segnate da fragilità e quant’altro. Parlo logicamente della relazione uomo-donna con la prospettiva generativa. Parlo all’interno di Amoris-letitia 292 dove si qualifica cos’è la relazione familiare.
A questo punto credo che dobbiamo risentire Levitico 25, soltanto due versetti, il Levitico è più ampio: conterai anche sette settimane di anni, come sette volte sette anni. Queste sette settimane di anni fanno un periodo di quarantanove anni.
Al settimo giorno del settimo mese farai squillare la tromba per tutto il paese. Dichiarerete Santi il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nel paese. Per tutti i suoi abitanti sarà per voi un giubileo. Ciascuno di voi tornerà alla sua proprietà e alla sua famiglia e anche, alla fine del capitolo, alla sua libertà. Perché si presume, il testo del Levitico, che ci siano persone asservite dai debiti e che debbono in un qualche modo essere schiavi.
Tutto questo noi lo decliniamo con uno I Corinzi 7,7 ciascuno al proprio dono da Dio, lì in un modo, lì in un altro.
Allora possiamo definire tre passaggi di questa prima realtà giubilare. Innanzitutto penso che qui I coniugi Oreglia parleranno diffusamente, un anno di misericordia. Un anno di misericordia è quello che proclama il Signore nella sinagoga di Nazareth, un anno di grazia del Signore che si declina nella misericordia da vivere all’interno della propria casa. E qui credo che questo atteggiamento vada colto nella dinamica di una relazione che si rinnova nella capacità anche di perdono e di restaurare relazioni rinnovate a seguito di questo.
È un tema grande questo, ma credo che sia da rinnovare, riproporre proprio all’interno della dinamica giubilare. Un anno quindi di misericordia e vado in sintesi poi se interesseranno posso casomai lasciare i miei fogli perché vorrei rimanere fedele ai miei tempi, un anno di misericordia perché, secondo punto, un anno di grazia. Come possiamo intendere questo anno di grazia? Nella dinamica giubilare è riportare le cose, la terra, la libertà, la giustizia, al pensiero di Dio. Rimettere la terra come Dio l’ho voluta, rimettere I rapporti nella libertà.
Anno di grazia può significare per le coppie sposate il riandare a visitare la propria vocazione matrimoniale e a vedere a quel punto cosa generato, cosa sta generando, cosa necessita di essere purificato e di essere, diciamo così, rimesso a posto nel piano originario di Dio. Non dobbiamo avere paura a pensare in grande, per poi metterlo subito a terra nella nostra vita. E in base a quello che dice Amoris letitia 305, mi piace pensare questo anche in quelle dinamiche che sono a seguito di un fallimento e che sono dinamiche nelle quali la grazia di Dio comunque si è fatta presente, continua, matura o anche quelle dinamiche che hanno bisogno di un discernimento per fare chiarezza (n.300 di Amoris laetitia). Quindi un riandare al piano e al progetto iniziale di Dio.
Credo che questo sia un secondo aspetto del giubileo.
Un’altra dinamica del Giubileo, ed è la terza, può essere quella di una libertà nuova. Come la possiamo intendere questa? La possiamo intendere in modo, diciamo così, anche una “libertà da” . Innanzitutto in una dinamica intra familiare e intraconiugale.
Io credo che ci siano tutta una serie di condizionamenti che si sono prodotti all’interno della coppia che hanno bisogno di essere liberati, di essere superati, come quando in un meccanismo – permettetemi l’immagine meccanica – si innesta qualcosa che bisogno di essere pulito, oliato, ripristinato. Una libertà da abitudini di vita, da condizionamenti, ma anche una libertà, per così dire, da un modo di sentire che ci mette in difficoltà, perché è una cultura che in un qualche modo sembra opporsi alla dinamica della relazione e del dono. Ma in realtà è una cultura che ne ha non solo bisogno, ma che lo chiede. E che lo chiede e che quando vede segnali in questa direzione, si sente attratta. Ecco questo vale l’esperienza credo che noi facciamo ancora nella preparazione al matrimonio, in quel dialogo io/tu che si può generare.
Quindi una libertà da un lato da una cultura che vorrebbe in un qualche modo misconoscere questo lavoro, ma dall’altro offrire quello; cerchiamo di essere con quel rinnovamento che il giubileo può apportare. È chiaro che da una “libertà da” è una “libertà per”ma soprattutto “libertà di” essere come possiamo, (potremmo pensare anche noi preti, don Enrico, don Angelo e gli altri Don: è una dinamica che non è differente, coniugata logicamente in forme diverse). Una libertà rinnovata di essere di nuovo e di non aver paura a chiedere questo.
È chiaro che il Giubileo, penso nelle relazioni coniugali e familiari, può essere anche il momento di un passaggio per scelte importanti attese da tempo, per il coraggio di farle o quantomeno di mettercele davanti.
E quindi questo primo punto, è una lettura molto veloce in queste tre dinamiche: un anno di misericordia, un anno di grazia, una libertà nuova.
La speranza:
Sperare contro ogni speranza
Fare famiglia
Generare
È chiaro che il Papa, Papa Francesco, nel momento in cui voluto il giubileo, immediatamente l’ ha declinato nella speranza e la declinazione del giubileo, come nel 2016 è stato sulla misericordia, qui può essere proprio e deve essere nella dinamica della speranza.
Io credo che sia anche qui faccio tre punti: sperare contro ogni speranza, fare famiglia generare.
Credo che come premessa la speranza, anche solo intesa nel senso più comune, sia connaturata alla relazione e alla famiglia.
Innanzitutto sperare compro ogni speranza. L’immagine che ho preso è quella di una delle catechesi del Papa che ho riportato nella mia lettera pastorale, bestseller naturalmente, non ho più zie da fare leggere, adesso spero che qualcheduno abbia pietà,
Il Papa fa una serie di catechesi e parla in una di queste catechesi di una dinamica familiare che è quella di Abramo. E Abramo che in una notte si rivolge a Dio e dice: Non ho più speranza, perché mio erede sarà uno schiavo e Sara non ha figli. Quindi sperare contro ogni speranza sembra essere la dinamica che a volte ci assale di non avere speranza, ma di disperare, perché immediatamente un’immagine di un’altra notte è quella di Gesù nel Getsemani, una notte nella quale la speranza sembra essere messa a prova della croce e anzi la speranza sembra inchiodata alla croce nel momento in cui Gesù è proprio preso e rimane solo in questo giardino e la croce sembra dire la parola basta.
Ma la nostra speranza, e dobbiamo dircelo, come uomini e donne battezzate, come famiglie, anche come vescovi e preti, la nostra speranza è quella proprio sulla croce.
Quella sulla croce che arriva la domenica di Pasqua e, come dice un teologo, riconferma tutto quello che il Cristo ha detto. Quindi anche la nostra vocazione, la relazione uomo-donna. Eccoci allora due dinamiche piene di speranza che è fare famiglia. Lo dico così: la prospettiva del fare famiglia, quantomeno di mettere in atto una relazione che vuole avere il crisma della stabilità e di una dinamica verso un domani, è intriso, quantomeno ha come anima il futuro, la speranza. Di noi due nel domani, vivendo bene, vivendo meglio.
Ed ecco l’altro tema che il Papa tra l’altro mette anche in Spes non confundit: è il tema della generazione. Generazione, lo sappiamo bene, la decliniamo dal punto di vista relazionale, la decliniamo nel generare figli, che il Papa evidenzia un segno, in questo caso negativo, di non speranza. Ma sperare contro ogni speranza significa anche aprirsi ad una dimensione generativa propria della relazione uomo-donna, proprio del matrimonio e della famiglia. Potremmo dire che questi tre punti che io ho sintetizzato, perché ormai ho ancora solo tre minuti, sono punti che sono intrinseci alla vita stessa della famiglia. Perché la famiglia, se non spera, non è famiglia.
Perché in sé la famiglia ha la prospettiva del domani, la prospettiva del futuro.
Terzo punto: portare speranza. Volevo dire che portare speranza mi piacerebbe declinarla secondo i segni di speranza che il Papa mette nella sua nella bolla Spes non confundit
Perché questi segni di speranza da un lato sono coinvolgenti tutta la Chiesa, ma possono avere una loro pregnanza all’interno della famiglia. Certamente alcuni di questi hanno una pregnanza familiare unica, specifica. Pensiamo che il Papa parla di segni e di speranza circa la pace. È chiaro che il tema della pace purtroppo oggi è un tema che una risonanza internazionale incredibile, ma sappiamo molto bene il tema della pace declinata in casa. Quali atti allora possono essere di pace?
Poi il secondo tema della geografia del Papa è il desiderio di generare. Il Papa pone come segno di speranza, ma come meta di speranza. Altri temi sono un po’ più specifici, ad esempio il tema di chi è privo di libertà, il tema dei detenuti in questo caso, al di là dobbiamo anche riconoscere se in Italia abbiamo questi settantamila detenuti alle spalle hanno una famiglia. Non è che frequenti il carcere moltissimo, ma per quello che le frequento, il ricorso al pensiero dei figli delle famiglie è un discorso veramente molto pieno. Ma di là, ci sono tante persone che sono private della libertà.
Poi il Papa andando avanti parla degli ammalati. Segni di speranza vanno offerti agli ammalati che si trovano in casa e in ospedale. E questa è una dinamica, è una realtà familiare dove tutte le famiglie prima o poi la incontrano. Poi il tema dei giovani, vado velocissimo in questo percorso, e il tema dei migranti. Parliamo qui di famiglia, parliamo di loro, ma in una dinamica sempre familiare, all’interno di un loro discorso che è quello di essere figli, fratelli.
Non so se ricordate quante volte il Papa ha citato quel libro che ha regalato a noi vescovi Fratellino. Se leggiamo quei libri e se rraccogliamo scusate delle storie, troviamo quanto questa famiglia sia per loro una realtà forte.
Perché ho detto questa geografia del giubileo del Papa? Perché è una geografia che ci vede coinvolti come famiglia in directo, ma anche come capacità di famiglia di porre al proprio interno qualche atto significativo e dia la differenza di questo anno in relazione a uno di questi segni.
Il secondo punto, ma credetemi sono già fuori tempo massimo ma non voglio andare ad abusare, è certamente il celebrare il giubileo. L’ho messo alla fine, potevo metterlo all’inizio perché arrivati a questo punto è chiaro che celebrare il giubileo è una dinamica globale che prende dentro tutta la vita e non è semplicemente un atto celebrativo che già di per se stesso è un atto, è già agire, ma celebrare il giubileo significa anche riportare nelle nostre case una dinamica di spiritualità coniugale familiare che non solo non va dimenticata ma va riattivata e rilanciata. Celebrare il giubileo può anche proprio significare porre in questo anno qualche atto giubilare. Qui io vorrei soltanto sostenere una piccola parola, velocissimo perché poi quasi ho finito, circa l’indulgenza plenaria che ritengo essere anche per le forme oltre Spes non confundit sapete che c’è a cura della penitenzieria un testo per il quale si dice quante volte si può e chi e come ottenere l’indulgenza plenaria che significa una conversione profonda, accogliere la grazia di Dio in ordine a una conversione profonda della propria vita che porta alla celebrazione del sacramento della penitenza e questo ci potrebbe essere dietro una preparazione anche familiare.
La misericordia di Dio è talmente sovrabbondante che toglie ogni segno o rimasuglio, permettetemi l’espressione, di peccato. Questa è la misericordia sovrabbondante. Ecco il perché si può ottenere l’indulgenza plenaria in tantissimi modi, anche servendo una persona in casa, facendo un atto di carità e via e via oltre che passare le porte sante. Ecco qui, non l’ho detto, si innesta la dinamica del pellegrinaggio, che è una dinamica prima che andare a Roma, credo che sarà penitenziale abbastanza però il pellegrinaggio vuole anche dire il mio cammino interiore, vuole anche dire come famiglia facciamo un momento di preghiera che ci veda pellegrini insieme e poi qui la creatività può avere il suo spazio a seconda di quello che si può fare.
Quindi è ripristinare anche il celebrare, il pregare in famiglia.
L’ultimo punto e sono veramente alla fine è un punto interrogativo e anche una proposta sulla quale puoi pensarci perché il giubileo delle famiglie è fatto il trenta maggio-primo giugno del venticinque, compreso della fine del mese di maggio. Si potrebbe pensare a qualcosa per il giubileo fatto certamente come Diocesi o come Regione? Punto di domanda.
Io nella mia testa ho ancora, e questo è l’unico aneddoto che dico, anche se potevo sbizzarrirmi finora ma volevo stare ai tempi, nella mia testa ho ancora il giubileo del duemila, dove arrivammo noi di Modena, prendemmo posizione sgomitando, dovemmo andar via prima che il Papa parlasse perché ci scadeva il pullman e perché dovevamo andare a Tarquinia a dormire. Il giorno dopo, la notte stessa, valanga d’acqua.
Tutti I seggiolini, se vi ricordate, di cartone, si erano trasformati in bucce di banana e quindi scivolamenti a go go. Ma fu comunque una bella esperienza.
Una domanda: quanto meno se fare un segno giubilare come Regione, anche venendo soltanto a Soragna, dove c’è il Santuario della Sacra Famiglia potrebbe essere una cosa da pensare.