Papa Francesco ha espresso ripetutamente la necessità di un nuovo catecumenato affinché «anche la preparazione al matrimonio diventi parte integrante di tutta la procedura sacramentale del matrimonio». Lo ribadisce nella prefazione del documento Itinerari catecumenali per la vita matrimoniale. A 5 anni dall’uscita dell’esortazione apostolica Amoris Laetitia, al termine dell’anno dedicatole, il Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, ha quindi dato alla luce il documento Itinerari catecumenali per la vita matrimoniale, rilevando la necessità di un “nuovo catecumenato” in preparazione al matrimonio.
I nuovi orientamenti sono stati presentati in anteprima alla X Giornata Mondiale delle Famiglie.
Ai nuovi orientamenti catecumenali abbiamo dedicato l’incontro del 23 gennaio 2023 tenuto a Bologna presso la parrocchia di san Gaetano, ospiti della coppia responsabile dell’Ufficio Famiglia della diocesi di Bologna, Gaia Minnella e Nicola Golinelli. L’incontro è stata tenuta da mons. Enrico Solmi, vescovo di Parma e delegato dalla CEER per la pastorale familiare. Lasciamo il tono colloqualiale dell’intervento il cui testo non è stato rivisto dal relatore.
Mons. Solmi
Credo che sia importante prendere in mano questo testo che c’è stato dato, uscito quest’estate; è importante soprattutto coglierlo nello spirito di quanto dice il Papa nella introduzione. Il Papa parte da un’osservazione che abbiamo sentito – non nuova: ci vogliono 6-7 anni per diventare prete mentre ci vogliono pochi incontri per sposarsi. Sotto un certo profilo – che non è quello del Papa – è un osservazione avventata dal mio mio punto di vista, perché l’ordinazione presbiterale richiede una vocazione specifica che nasce all’interno della nuova Alleanza, data da Cristo, unico sacerdote mentre la vocazione al matrimonio – come dice Giovanni Paolo II – è il Sacramento più antico ( quindi fa riferimento alla Creazione di Dio che crea l’uomo come maschio e femmina, pertanto è una vocazione universale che coinvolge tutti gli uomini e le donne che vengono al mondo dalla creazione fino alla parusia).
E questo è chiaro nella riflessione teologica. Quando ad esempio il Concilio di Trento dice che il sacramento del matrimonio purifica ed eleva l’amore naturale. Troviamo davanti ad una vocazione universale che coglie le persone nella loro realtà naturale e che le porta a realizzare quanto è insito nel loro cuore. Detto questo è vero che ci troviamo davanti a un sacramento, è un passaggio ulteriore. Nello stesso tempo questo passaggio ha un carattere universalistico, è rivolto a tutti, non ha quel percorso così delineato, stretto, quale ha il percorso alla vita presbiterale.
Ma detto questo lo spirito è quello di offrire a tutti un adeguato percorso verso il verso il sacramento del matrimonio tenendo presente le situazioni concrete nelle quali questo percorso si attua: le nostre storie, le nostre diocesi , …
L’osservazione che fa il Papa a proposito del fatto che tutti i figli di Dio devono essere trattati allo stesso modo, è un’osservazione che interessa tantissimo la Chiesa e la pastorale familiare. Perché dice che bisogna operare verso questi che cercano il sacramento del matrimonio con la stessa intensità, con la stessa forza con cui si opera verso quelli che sono chiamati al presbiterato. Ma mi sembra che vada anche oltre dicendo: dovette mettere questo impegno come un impegno vero e autentico dentro alle vostre chiese.
Quindi la giustizia che il Papa chiede all’inizio è data da un’attenzione rinnovata che deve essere presente.
Allora si riprende in mano un tema abbastanza vecchio. Sì qui faccio riferimento anche due sinodi sulla famiglia: temi che per certi versi sono nuovi in alcuni ambiti della Chiesa Cattolica. Ma che per noi che siamo in Italia, in Emilia Romagna, a Bologna, sono temi che diciamo serenamente già annunciati.
Noi prendiamo davanti il documento post conciliare sulla famiglia il primo organico “Matrimonio e Famiglia oggi in Italia” del ‘69 dai nn 9 in poi: non si parla più di corsi ma di percorsi – e viene ripreso anche in documenti successivi.
Quantomeno diventa un criterio di verifica e anche un senso di colpa per la pastorale familiare in genere: non ci siamo ancora arrivati e anzi abbiamo la tendenza a tornare indietro su queste cose. Anche a fronte delle situazioni che stiamo vivendo, e lo diciamo con serenità, sono ora segnati – sia il matrimonio che il sacramento del matrimonio – da problematiche diciamo così ulteriori, di carattere sociale di carattere economico ecc…
Ci si sposa sempre meno ma nello stesso tempo c’è un anelito a questa relazione coniugale e genitoriale.
Dopo questa introduzione passiamo alla struttura del documento
Si tratta di un itinerario in tre grandi fasi:
- Preparazione remota che con un battuta si origina dal concepimento nel senso che attinge all’esperienza di vita familiare che il futuro nubendo fa e qui con il bene, gli aspetti psicologicamente positivi e belli ma anche con le fatiche. Qui nasce tutta la domanda sui modelli sui riferimento che questo ragazzo, questa ragazza hanno nel pensare alla loro vita coniugale e familiare, l’ humus familiare; oltre al contesto culturale e sociale nel quale si vive ma ha anche il percorso della iniziazione cristiana con ciò che comporta : l’avere vissuto un’esperienza significativa dal dopo cresima in un gruppo o un’associazione che fa crescere nella fede oppure l’avere abbandonato la vita ecclesiale.
- Fase intermedia di riavvicinamento alla comunità in vista anche del sacramento del matrimonio, nelle diverse condizioni concrete che caratterizzano le persone che si riavvicinano (conviventi con o senza figli, con situazioni precedenti alle spalle ecc…).
- Il percorso catecumenale vero e proprio fatto di due fasi più una, interconnesse tra loro: La preparazione prossima, immediata e l’accompagnamento nei primi anni del matrimonio.
E si auspica una attenzione successiva – il documento stesso lo dice – verso le situazioni di crisi e di difficoltà quali si presentano alle nostre comunità – e su queste abbiamo anche dei tentativi pastorali dei quali abbiamo parlato [in commmissione -n.d.r.].
La logica del documento è quello di interfacciarsi col testo uscito una trentina di anni fa che tutti noi bene conosciamo, sulla iniziazione cristiana degli adulti cioè assumendo lo spirito di quel testo: un approccio globale alla fede cristiana con tutta una serie di diciamo così di interventi che si intrecciano tra di loro e toccano la vita, la conoscenza progressiva della fede cristiana e che hanno anche a loro interno una ritualità che va a sancire un passaggio da una fase all’altra.
Non entro nel merito in modo specifico.
Riprendo alcune considerazioni che trovate nella parte finale del documento. Una sorta di Bignami su quello che il documento stesso presenta.
Innanzitutto il quadro di riferimento: queste indicazioni di carattere pastorale vogliono essere di aiuto e stimolo per fare itinerari catecumenali in ogni diocesi o regione, facendo riferimento alla situazione concreta che si vive e anche – questo mi piace – al buon senso.
Qui c’è il nocciolo della questione e anche l’impegno nostro.
Pensare anche a livello regionale perché abbiamo una tradizione ed esperienze in atto, per essere stimolati e sostenuti, a fare itinerari catecumenali, guardando in faccia la nostra situazione e attivando una modalità virtuosa, in modo da coinvolgere il più possibile le persone che abbiamo davanti a noi ,così come concretamente si presentano, nel momento in cui chiedono di sposarsi.
Il rischio che si corre è quello di mettere da parte il documento perché lo consideriamo irrealizzabile, considerandolo un percorso per un gruppo eletto di poche persone. Questo è un rischio un rischio reale ve lo dico sorridendo e credo che non abbia avuto un grande impatto mediatico questo documento. L’altro rischio è quello opposto di applicarlo in modo rigido.
C’è la via giustamente mediale; c’è uno stimolo forte che è quello legato a prendere per mano queste persone e accompagnarci insieme lungo percorso matrimoniale dove probabilmente serve ciò che dice il Concilio di Trento: purificare anche il percorso di amore che già si sta vivendo, individuare i passi avanti da fare, le attenzioni da porre…far capire che ciò che il Signore ti propone non è di vivere coi piedi per aria e le mani per terra ma è esattamente quello che tu senti ma in una logica di vita, di pienezza, in una comunità che ti accoglie e che ti vuole bene.
La comunità cristiana
Questo è il passaggio che deve trovare una comunità soggetto di tutto, che compone il percorso, che lo propone e che lo accompagna. Allora questa fatica della redazione di questo documento – dobbiamo ringraziare – può essere veramente una fatica ben riposta.
Richiede un’altra fatica: attuare il documento nel nostro contesto e nella nostra situazione.
Riprendo adesso alcuni passi che voi avete nel vostro background pastorale, in quanto quello che è scritto qui ancora lo ritroviamo nel Direttorio di Pastorale Familiare che in quanto raccoglie l’humus e lo spirito della pastorale familiare d’Italia è tuttora assolutamente attuale.
- Iniziative nella comunità
L’ispirazione al cammino catecumenale propone un percorso permanente nei confronti della coppia, che significa accogliere queste persone ma anche accompagnarla successivamente. Quindi non solo i gruppi sposi che nascono dai percorsi di preparazione al matrimonio ma iniziative all’interno della vita della comunità locale.
- La comunità come soggetto
Vuol dire creare una sensibilità e un’attenzione particolare verso queste persone che fanno il percorso matrimoniale, che si sentono benvolute, abbiano anche alcuni momenti di carattere comunitario. Che ci sia un un’attenzione particolare a questo. Pensiamo ad esempio a momenti della pastorale giovanile: è ad esempio un luogo dove la comunità nella fase intermedia remota e prossima può essere presente attraverso gli animatori. Anche chi è responsabile di gruppi giovanili abbia un’attenzione alle dinamiche giovanili-vocazionali dei ragazzi. È nella realtà dell’esistenza dei ragazzi, anche se loro non la verbalizzano; si sono poi proposti alcuni rituali per coinvolgere la comunità.
- Formazione e aggiornamenti.
Formazione alla comunità . Cerchiamo di “elevare” uso questo termine per spiegarmi, verso il matrimonio e verso la preparazione alla vita coniugale. Sembra un’affermazione scontata, direi anche retrò. Un’opera di formazione e di aggiornamento, rivolta a tutti, ma in modo particolare ai presbiteri, affinché si percepisca l’indispensabile complementarietà e corresponsabilità di laici e sacerdoti/religiosi nel servizio alla pastorale familiare. La scoperta dell’acqua calda. Tuttavia mantenere una sensibilità in ordine alla sinergia ministeriale (stiamo pensando all’interno del sinodo a questo riferimento ad una ministerialità vera. Qui c’è una ministerialità nata dal sacramento del matrimonio che va a comporsi con la ministerialità nata da una vita consacrata e dalla vita presbiterale). Questo va applicato concretamente alle coppie; uno “strumento pastorale” da utilizzare con discernimento, sapienza ed il necessario buon senso. Superare la tipologia classica dei “corsi matrimoniali” verso gli itinerari (affermazione iper retrò). Tuttavia questo indica una fatica nella Chiesa.
Superare l’idea dei corsi con l’idea dell’ itinerario. Però questo indica anche una fatica nella Chiesa. (qui siamo davanti a tutto il mondo) la fatica a trasmettere alla generazioni di operatori pastorali, di preti -poi ci sono i nonni e i bisnonni che restano sempre lì. Un percorso che deve anche essere in crescita e che non può ricostruirsi ogni volta che uno si affaccia alla pastorale familiare, come una adolescente che crede di aver capito tutto o di aver scoperto l’America.
- L’aspetto kerigmatico
Affrontare tutti i temi con coraggio aiuta a formare la coscienza morale e un progetto familiare.
Nel Direttorio – mi pare che sia il numero 58 – si fa anche un elenco… tu a queste persone che ti portano i bambini in braccio, gli parli dei rapporti prematrimoniali che non si fanno… È necessario cogliere, come nella logica del Vangelo del matrimonio, progressivamente entrando in un dialogo, in cui si attuano anche tante tematiche proprie matrimonio in quanto tale e della vita buona del matrimonio . .
Poi questi percorsi, queste tappe che io vi ho accennato, sono scandite da rituali e benedizioni, da forme pubbliche di celebrazione attraverso le quali se è possibile, progressivamente si coinvolge la comunità. Vediamo che, quando la cosa è preparata adeguatamente e bene, non abbiamo difficoltà a vedere crescere anche una sensibilità.
E poi in ordine ancora a questo ( siamo sempre nella parte conclusiva), va colto come occorra unire insieme questo percorso, con la loro vita cristiana e anche l’approccio nei confronti dei sacramenti che hanno ricevuto, che riceveranno – anche in ordine al fatto che diversi di questi sono già genitori e pertanto hanno alle spalle un loro percorso di fede così com’è.
Alcuni di loro hanno la necessità in questo percorso di celebrare il sacramento della Confermazione ma presentano anche i loro figli per il battesimo: credo sia estremamente importante comporre insieme tutte queste realtà. Ma qui orienta quello che abbiamo detto precedentemente, che ci vuole una attenzione alle singole situazioni che ci vengono proposte.
Quali sono gli obiettivi che in qualche modo si è posto il nostro testo? Certamente quello di una preparazione e di un percorso che coinvolga la vita operando un discernimento che porti alla decisione di una scelta matura. Il Papa questo lo dice fin dall’inizio: ci sono troppi matrimoni che saltano, anche in ragione di una preparazione anche da parte nostra troppo superficiale. Quindi questo discernimento viene ad arricchirsi di questo percorso. Altro obiettivo parallelo è entrare nella vita ecclesiale. E qui, a mio parere, gioca molto l’accoglienza e la vitalità di una comunità cristiana che può essere la comunità cristiana in quanto tale, ma può essere anche quel gruppo di persone sensibili, capace di fare accoglienza, di ascoltarli, e di far crescere il rapporto con queste coppie: è vitale, è importante sentirsi voluti bene, accolti, sostenuti, tenendo presente anche le situazioni che tanti vivono. Un conto è la coppia che è del tessuto di quel territorio parrocchiale da qualche generazione, un conto sono le persone che si trovano anche sole e che necessitano. Credo che la nostra esperienza dell’Emilia Romagna, ad esempio, sia quella di tante coppie che provenendo dal sud o da altre realtà vengono, vivono qui, casomai si sono laureate qui o hanno trovato un lavoro e permangono. Sono solo sole ad affrontare la maternità, sole senza avere quel minimo di relazione familiare che consente una serenità perché la mamma sta a settecento chilometri.
- 5. L’ultimo aspetto – e qui lo richiede – è l’attenzione alle coppie in crisi.
Attenzione alle coppie in crisi che può essere già all’inizio: attenzione alla giovane coppia che vive questo momento di difficoltà e di crisi, come può essere essere anche le altre coppie. Però la pastorale delle giovani coppie non è una cosa nuova, ma è un criterio di verifica – a volte anche il senso di colpa è una realtà che qui ci viene richiamata.
Quello che a me sembra più essenziale è quello che ho detto all’inizio: la terza via, cioè quella di apprendere questo testo e vederlo nella nostra realtà. e, fosse vero, anche promuovere qualche cosa (è molto modulare ) che serva alla nostra regione. Forse ci dobbiamo interrogare su questo . L’altro aspetto è che questo testo vede una pastorale della famiglia viva, nella realtà concreta che stiamo vivendo, ma la vede attiva, la vede reattiva anche alle tematiche nuove che emergono.
La presentazione (vedi sopra) richiama le varie fasi che danno forma al documento. Non è stata utilizzata durante l’incontro ma lasciamo qui a disposizione del lettore.
A partire proprio dall’ultimissima affermazione del Vescovo Enrico ci sembra importante sottolineare come sia essenziale prendere questi Itinerari catecumenali per la vita matrimoniale e rivederli nella nostra realtà pensando a una loro realizzazione modulare. È vedere che cosa provoca nelle nostre realtà diocesane questo testo, quali sono possono essere eventualmente le perplessità e invece magari gli spunti positivi che ha da offrirci.
Alla pastorale vocazionale viene dato questo compito di inquadrare in maniera unitaria la vita cristiana e quindi di considerare la vocazione al matrimonio davvero come tale e non come così un accadimento naturale che si verifica nella vita delle persone ma abituarsi a considerarlo vocazione appunto. Una prospettiva vocazionale di cui dovrebbe aver cura la comunità cristiana nel suo complesso.
È tutta una cosa da costruire. D’altronde, verifichiamo nella sostanza quale fatica compia il processo sinodale: non è semplice riuscire a ritrovarsi su un linguaggio comune, uscire dalla propria zona di comfort e dalla propria tradizione pastorale, per crearne una nuova insieme.
Anche in questo senso il documento pone una realtà che di per sé è già un grande obiettivo. È probabilmente anche questo può essere un terreno in cui uscire dallo schema che la pastorale familiare è preoccupazione degli operatori di pastorale familiare e non interesse della comunità.
I principi di fondo, ovviamente assolutamente condivisibili, rischiano di rimanere scritti sulla carta se non camminano con le gambe delle persone, se non si esprimono in relazioni concrete da vivere nelle nostre realtà.
Dopo un bel momento di confronto svolto sia con chi era in presenza che on line, l’incontro si è concluso con un ultimo intervento di Mons. Solmi.
Riprendiamo le sue parole.
Io credo quando tocchiamo questo tema, naturalmente si toccano tanti altri temi. che hanno una storia che abbiamo affrontato. Pertanto oggi, questo documento, che è circa cinquanta volte Amoris laetitia , credo ci stimoli (ma sono ancora nella premessa) perché tocca temi che ci stanno veramente a cuore e pertanto ci sentiamo coinvolti. Siamo dentro una comunità e abbiamo questo spirito, che il Signore ci ha dato, di evangelizzare.
A me veniva da pensare tre cose molto concrete. La prima lo tolgo dalla premessa, diventa il primo punto:
- la fondamentale importanza della pastorale della famiglia, collegata in sinergia con tutta la pastorale. e la vita della Chiesa. Questo dobbiamo rimarcarlo.
Non siamo un’azienda in liquidazione. siamo chiamati dal Signore di nuovo a a prendere il largo su questo, con la barchetta che abbiamo, con le risorse che siamo; certamente creando delle sinergie che da tempo anche vorremmo che ci fossero. Si è parlato prima di SemeDivento, pastorale giovanile, familiare – potremmo parlare anche di consultori d’ispirazione cristiana, tribunali ecclesiastici …Sono tutte cose che abbiamo in calendario e in agenda.
Ma nel momento in cui non si aprono, rendono sempre più problematico questa primo l’impegno di pastorale familiare.
- io credo che da questo incontro possa emergere qualche il criterio dettato dalla nostra situazione e dal buon senso su un modello di catecumenato da presentare in Regione.
Qui è molto delicato perché rischiamo : una riflessione che porti a un piccolo testo, nel quale cerchiamo di vedere una continuità ed una globalità di esperienza presentata. Credo che ogni diocesi abbia dei desideri e anche delle esperienze. Il testo regionale di preparazione al matrimonio Io accolgo te che in qualche modo riprendeva la parte della preparazione immediata, ha venduto, come dicevo una volta, ventiduemila copie. Vuol dire però che in qualche modo ha fatto cultura perché proveniva da un’esperienza ed è stato, diciamo così, lavorato con alcuni, evidenziando dei criteri che c’ erano, ma che in un qualche modo avevano bisogno anche di essere verbalizzati e rilanciati.. però noi su questa onda, abbiamo bisogno secondo me di qualche criterio perché serve.
E questo diventa anche un sollecito all’interno della CEER per gli altri e le altre commissioni. Uno dei temi ricorrenti del Cardinale é sempre il rapporto tra le commissioni e la CEER. Credo che l’itinerario che noi possiamo prospettare sia un aiuto anche a fare squadra tra alcune realtà che tra di loro non si parlano assolutamente, ma che devono necessariamente farlo.
Quindi il terzo punto, é una mia riflessione.
- Pensare alla possibilità di avere persone dedite ad un ministero dell’ascolto e dell’accoglienza.
Può essere benissimo che ci sia in quella comunità qualcuno capace di accompagnarci, di accogliere. Ministero dell’accoglienza vuol dire anche sapere intercettare queste figure, essere un po’ da tramite con la comunità. In questo secondo anno di sinodo potrebbe lasciarci come regalo figure di questo genere che potrebbero avere un contenuto preciso dato proprio dalla pastorale della famiglia. Qui noi potremmo dare un contributo preciso. Ho messo anch’io nella lettera pastorale il Ministero Nuovo, il quattro cantiere. Dunque un ministero dell’ascolto Vuol dire può essere proprio concretarsi in questo. Sappiamo ci sono persone che hanno un senso di fede, un senso di chiesa, gente buona.
Riprendo alcuni aspetti emersi precedentemente:
- La questione dei padrini
Esiste in un documento della Cei la possibilità di avere accanto ai padrini dei testimoni però deve essere la Conferenza episcopale regionale che li accoglie. Ci possono essere situazioni in cui sarebbe utile affiancare in quel momento, in quel sacramento, dei testimoni . Logicamente dipende da noi. Come li consideriamo? Dipende che accoglienza facciamo, che contesto c’è?
- La morale
Allora la morale non è dare dei pesci in faccia alla gente ma significa dire “guarda che c’ è qualcosa di bello per te”. Non parlo di cose che sono autentici moralismi; penso ad una vita buona per la quale alcuni passi sono importanti; ma in un contesto. In questo contesto ci sta anche la risposta alla domanda che ti vengono fatte. Quindi la morale è la vita buona.
- Il futuro della Chiesa come organizzazione pastorale
Non lo sappiamo. Sappiamo soltanto che il Signore non ci abbandona. Quindi cosa significa parlare di comunità in una unità pastorale? io ho 308 parrocchie nella mia diocesi. Non voglio fare l’eutanasia né l’accanimento terapeutico. C’ è una una vita di fede in quella situazione.
- Un ospedale da campo/un ambulanza per tutti
Io sono contro l’ospedale da campo. Adesso mi spiego. Capisco molto bene quanto detto dal Santo Padre dell’ospedale campo, va benissimo. Per le poche cognizioni che ho di bioetica, di vita ospedaliera, ringraziando Dio, non ex esperientia, l’ospedale da campo è quello dove in una battaglia devi intervenire sull’urgenza, valutando la possibilità di farcela del soggetto e scegliendo in base a quello. Faccio una scaletta, dico bene? No, non è così. La Chiesa non è così. La chiesa, Mazzolari diceva, è l’autoambulanza che tira su tutti. Cioè la Chiesa è quella comunità. Intendete: ospedale di campo vuol dire che è aperto a tutti nei momenti anche della crisi, anche il discorso dei momenti in cui c’è stata la battaglia…
Ma noi non dobbiamo perdere nessuno: anche quello che ha zero possibilità di salvarsi. Per noi è prezioso in questo contesto; ecco non solo di buon senso, ma è l’amore che ti fa stare accanto, a volte a chi ha meno possibilità di altri.
Però dobbiamo anche riconoscere che c’ è un di più che nasce dalla grazia e che noi dobbiamo, come dico a questo punto, sia l’ospedale da campo come senso dell’urgenza, è chiaro che in questo contesto, anche quando abbiamo un approccio a queste persone, adulti che vengono ai nostri percorsi, potenzialmente potrebbe esserci chi un domani diventrtà il mio successore all’ufficio famiglia, ma nello stesso tempo, c’è chi avrà intravisto nella figura di un prete o di una coppia che gli ha fatto il sugo bene e gliel’ha fatto con amore, un domani, in un qualche modo, manterrà questa memoria buona o andrà a cercarla.
Cogliamo l’occasione di fare qualcosa che possa stimolare la CEER e le nostre diocesi rispetto a questo documento.