Le ferite relazionali

Riportiamo l’intervento di don Simone Bruno op tenuto on line il 26/11/22 sulle ferite nella relazione di coppia e quindi familiari. L’incontro è stato preceduto da un breve documento del gruppo di operatori pastorali che si occupano di queste situazioni all’interno di alcune diocesi emiliano-romagnole e hanno condiviso le loro domande e considerazioni. In questo modo don Simone ha preparato il suo intervento che ha unito momenti frontali ad attività di interazione anche sotto forma di attivazioni. Il testo sotto riportatato costituisce una sorta di trascrizione dell’incontro non rivista dall’autore.

Teresa Giordano mi hanno inviato i vostri lavori, le vostre considerazioni, le vostre letture della realtà che io ho studiato per bene e mi viene da dire subito che le ho trovate davvero efficaci:  mi sembra di parlare oggi con un gruppo che ha lavorato con intelligenza e in maniera molto motivata e ha cercato proprio di provare a stabilire delle traiettorie future. Le vostre considerazioni mi appaiono come il frutto di un gruppo che ha pensato e condiviso con uno spirito sinodale. 

 Anticipo subito subito che non darò soluzioni preconfezionate perché questo non credo sarebbe di aiuto anzi svilirebbe la vostra creatività Tuttavia proverò a valorizzare le vostre intuizioni e a sollecitare dove è possibile nuove consapevolezze.

Le traiettorie del mio intervento:

  1. Allora assecondando quello che è presente nel documento che mi avete consegnato ho pensato di iniziare con voi con una pillola biblica piccola che vedremo insieme per introdurci al tema;
  2. Poi ho pensato di procedere con una lettura del contesto odierno delle coppie da cui vengono le coppie, soprattutto quelle che un giorno voi potreste aiutare come coppie separate e divorziate in nuova unione.  Ci concentreremo soprattutto sulle ferite perché vedremo insieme come le ferite che loro portano spesso si differenziano dalle ferite che noi abbiamo in mente rispetto alla loro situazione;
  3.  poi ci sarà un esercitazione fatta insieme che vi coinvolgerà subito dopo non dibattito per vedere come abbiamo lavorato Su che cosa abbiamo lavorato e infine vedremo degli orientamenti semplici che sono quelli contenuti in amore solitizia per poter stimolare in poi anche una capacità progettuale 
  4. infine un’ultima esercitazione per consentirvi di aprirvi al futuro; l’ultima parte del documento riferiva “come facciamo noi coppie referenti che svolgiamo il nostro incarico da tempo ad aprire delle prospettive con nuove coppie, nuovi membri dell’ufficio…”  Ecco qui vedremo come sarà possibile a livello anche immaginativo procedere in tal senso.

Pillola biblica

Ho  scelto questo frammento del brano conosciuto come la Samaritana perché mi sembrava appropriato al momento che stiamo vivendo insieme credo che tutti lo conosciamo quindi non sarà necessario leggere il contesto dal quale proviene sappiamo che si incontrano due tipi di sete la sede fisica che è propria di Gesù che nasce dalla stanchezza del viaggio e dal bisogno di essere rifocillato e quella spirituale una sete spirituale della donna e dopo tanti tentativi falliti cerca quello che per lei è l’amore vero la profondità che nessuno ha mai probabilmente saputo ricambiare ecco vedete in questo frammento vi chiedo di concentrare l’attenzione proprio su quello che dice Gesù e con simpatia. Mi piace definire un cardiopatologo cioè un medico d’eccezione, attento a sentire e se volete a sanare le ferite del cuore.

Con il suo intervento, con questa sua domanda, da una svolta al dialogo che sta avvenendo con la donna. Mentre meditavo il brano pensando a voi è che probabilmente con questa domanda che è un po’ brusca interrompe anche un po’ il flusso del dialogo che era orientato appunto sul recupero dell’acqua e sul tema della sete. Gesù cerca di rivelare la donna a se stessa, chiamandola proprio a prendere consapevolezza della propria situazione. lei è – Gesù spinge su questo versante- bisognosa di una vita autentica, di un amore vero che sia segnato dalla reciprocità.

È vero che questo passaggio è brusco. Potremmo chiederci come mai cosa c’entra il marito, perché gli fa questa domanda?

Gesù conosce bene la situazione di questa donna. Conosce; questo è un termine su cui ritorneremo perché in Gv 2, 25 è scritto che Gesù conosceva quello che c’è nel cuore di ogni uomo e di ogni donna. Nel linguaggio dell’evangelista c’è il piano simbolico: l’evangelista cioè utilizza delle scene di vita relazionale per parlare anche di altro. Lo faccio per completezza di informazioni perché nella sofferta storia amorosa della donna Gesù legge simbolicamente la vicenda  idolatrica dei Samaritani con i famosi Baalim cioè con gli idoli stranieri. Il linguaggio di Giovanni  è come se paragonasse la situazione della donna alla  storia del regno del Nord Israele – chiamato dai profeti donna adultera per l’infedeltà allo Sposo unico –  a causa del suo adulterio verso i falsi idoli. 

Torniamo al brano e alla donna. La donna, in risposta alla domanda di Gesù, confessa che adesso non ha marito, perché è sempre stata in ricerca di uomini che potessero apprezzarla,  potessero amarla. Ha invece incontrato uomini che  non curanti l’abbandonavano –  probabilmente non motivati, tanto quanto lei, a costruire un progetto d’amore insieme.  Possiamo dire che forse lei non ha mai trovato lo sposo unico, quello sempre fedele all’amore, e Gesù davanti a lei, davanti a tutto il popolo – quindi vuol dire davanti a tutti noi perché la Samaritana  è “un pezzo di noi” –  ci dice dire che non abbandona nessuno, vuole dire che continuerà ad attirare tutti e tutte a sé (come dice per esempio il profeta Osea in  2,16).

 Attraverso la Samaritana Gesù continua a dirci che vuole celebrare con tutte e con tutti le nozze eterne, un’alleanza eterna. Gesù è disposto a dimenticare e perdonare tutte le nostre infedeltà perché non siamo tutti e tutte puri così come pensiamo.

Questo dialogo tra Gesù e la Samaritana sicuramente parte da un livello personale e poi trascende come vi dicevo in quello simbolico, abbracciando tutta la storia della salvezza ed è questo il motivo per cui la Samaritana, al di là dell’acqua, al di là della fonte del pozzo, deve trovare chi è realmente la fonte, dietro al segno deve scoprire chi fa il dono, chi è il donatore. È chiamata a riconoscere che è una donna che ha delle difficoltà, che fa fatica a vivere la comunione, la comunicazione vera, la relazione autentica con un uomo. È  chiamata forse da questo incontro e siamo chiamati anche noi forse da questo incontro a riconoscerci nella nostra miseria umana, a vedere che spesso può capitare di conoscere padroni ma non proprio degli sposi. La Samaritana forse è chiamata interrogarsi sul fatto che si è lasciata alienare e sfruttare, abbandonare da qualcuno – e come sapete ha avuto cinque mariti violando la legge che ne prevedeva al massimo tre.

È anche vero che se non avesse incontrato Gesù sulla sua strada al pozzo probabilmente non si sarebbe riconosciuta attraverso il suo sguardo.  Forse scoprendosi conosciuta e riconosciuta da qualcuno senza essere giudicata per la sua storia, per il suo dolore ha potuto finalmente scoprire se stessa.  Tolta da una etichetta, da un pregiudizio che spesso in quel momento storico era facile attribuire alle persone che vivevano come lei.

Questo è importante per noi: sull’esempio di Gesù che guarda e non giudica e permette di riconoscere  si intravede anche un po’ uno stile che potremmo probabilmente adottare anche noi .

Come vedete non abbiamo approfondito più di tanto il testo biblico però dall’angolazione dello sguardo di Gesù il vangelo ci mostra come si può aiutare una qualsiasi persona che soffre a vedersi, a sentirsi riconosciuta e a diventare consapevole di quello che è di quello che sta vivendo e di quello che cerca. Quindi, proprio rispondendo ai vostri stimoli, vi dico che probabilmente il modo potrà essere il modo di base di un ufficio di pastorale familiare che vuole aprirsi all’accoglienza delle persone delle coppie e delle famiglie che vivono delle ferite al loro interno, con il metodo della accoglienza. Esattamente come fa Gesù: un’ accoglienza caratterizzata da un elemento fondamentale chiamato assenza di giudizio. Lo sottolineo forte perché perché nella mia esperienza anche di psicologo volontario all’interno di uno dei consultori di Milano, dal racconto delle coppie che vengono da più parti, c’è un tarlo che  attanaglia questa coppia: venire giudicate e di venire non comprese per la situazione che vivono. Gesù però ci offre un modello nitido e modello e quello accogliere senza giudicare. Un modello splendido, nitido. Ecco la domanda che faccio a me ma che faccio a voi – ricalcando le vostre riflessioni:  oggi come possiamo ad accogliere le cosiddette “coppie ferite” ( un termine che non piace del tutto),  cioè come facciamo ad accostarci a quelle coppie che portano dentro la loro esistenza dentro il loro corpo, dentro il loro “circuito interno” un dolore, una ferita che magari non è ancora rimarginata e ferita e che viene appesantita dal marchio di un pregiudizio che a volte inconsapevolmente o a volte consapevolmente abbiamo fretta di appiccicare sulle coppie o sulle persone. 

E poi infine, mentre meditavo questo brano mi sono detto che Gesù conosce bene ciò che abita nel cuore – ve lo definivo come un cardiopatologo, esperto delle ferite del cuore – qui mi viene una provocazione ( e spero di aiutarvi in questo) di quali ferite parliamo? In quale contesto vengono fuori queste ferite? Come facciamo a conoscere e a riconoscere e soprattutto a capire Il modo in cui lenire queste ferite; questo è molto importante perché se noi ci attiviamo credendo che quelle ferite siano quelle presenti nel nostro modo di pensare le ferite, non siamo in una buona strada.

È importante secondo me – e qui ci avviamo al secondo momento insieme – saper leggere il contesto in cui le coppie di oggi sono inserite, per capire le ferite che possono portare e di cui noi vogliamo occuparci nel senso della  pastorale familiare.

Sono abbastanza allergico ai dati sensazionalistici ma credo che bisognerà insieme a riconoscere che non è facile immaginare una coppia come noi l’abbiamo sempre immaginata nel contesto odierno, ci tengo a sottolinearlo questo.

 Poi magari mi direte cosa ne pensate nella fase in cui lavorerete, per definire meglio questo confine. 

Noi eravamo abituati – forse lo siamo ancora oggi – a riconoscere una coppia a partire da quelle caratteristiche esteriori osservabili da tutti. Per esempio siamo abituati a concepire il fidanzamento come momento che precede l’unione; siamo abituati a rileggere la coppia attraverso il matrimonio, attraverso la sua evoluzione, attraverso la nascita dei figli, attraverso la loro crescita e il loro sviluppo. 

Non presenterò dati ma delle osservazioni compiute in prima linea che sono comunque confortate da numerosi studi.

Per esempio fidanzamenti che prima annunciavano la formazione della coppia rappresentano per lo più oggi un  rito desueto, anacronistico. Vi prego di non leggere questo come una perdita di speranza. Volevo solo dire che purtroppo oggi i linguaggi e i riti di passaggio sono più sfumati rispetto al passato. Anche il matrimonio –  e lo dico ascoltando molte coppie in crisi che arrivano al consultorio – civile o sacramentale – non è più un passaggio pubblico, obbligato come lo riteniamo noi. Anche io  ho dovuto lottare con il mio pregiudizio. Anche nel vedere quello che accade oggi . Non è più dunque per le coppie di oggi un percorso obbligato. Anzi In alcuni casi si riduce – perdonatemi se lo dico così ma lo dico con anche con dolore – a una cerimonia festiva non simbolica e non valoriale, nella pregnanza con cui noi lo consideriamo.

In alcuni casi la convivenza – e con questo so che vi stupirò – oggi non sembra essere una condizione ambita come un tempo tutti dicevano.  La convivenza sta diventando a tutti gli effetti un fenomeno complessivo abituale ormai all’ordine del giorno. Tant’è vero che quando io stesso vengo chiamato in alcuni gruppi, in alcune zone pastorali della Diocesi di Milano, per così curare qualche incontro di preparazione al matrimonio per le coppie dei fidanzati,  l’80%- 90 %, sono già conviventi. Sembrava la novità del secolo ma in realtà se facciamo caso neanche questa è più così ambita. 

 Un fenomeno in aumento invece è quello  di  persone che vivono da sole pur essendo in coppia ma che preferiscono cautelare i propri spazi di indipendenza. È un po’ un esito paradossale quello che accade oggi perché sembra che la coppia si affermi più come una forma socio-culturale a sé stante che non come realtà agganciata nel ciclo della vita della famiglia, così come noi normalmente lo credevamo in passato.

C’è dunque  carenza di caratteristiche esteriori che sono sempre più aggredibili e meno credibili, visto il graduale e io dico tanto quanto non colpevole, allontanamento delle giovani coppie da tutto ciò che  la chiesa propone e in parte anche allontanamento dalla fede.

 Noi oggi che siamo operatori di pastorale familiare, proprio noi che incontriamo le coppie ver, non le coppie che sono scritte nelle ricerche, ma le coppie di carne e di parola che noi incontriamo, come possiamo definirle cioè come possiamo avere dei criteri guida che ci aiutino a incontrarle per quello che sono? E soprattutto: che idea abbiamo quando accadono in loro delle rotture e quando sono ferite da dolori? Forse noi che apparteniamo a una generazione diversa difficilmente riusciamo a capirle e ad accoglierle fino in fondo.

Esercitazione e dibattito

Da qui io volevo subito attivarvi perché mi sembra importante che il lavoro venga svolto anche da voi con un piccolo esercizio. Io volevo subito attivarvi perché mi sembra importante che il lavoro venga svolto anche da voi con un piccolo esercizio che potete fare in coppia se volete poi magari condividiamo quello che può essere anche il risultato di questo vostro pensiero.

La piccola scheda la potete compilare insieme.  È una carta d’identità che vi chiedo anche sotto forma un po’ di gioco/esercizio di compilare. É una carta d’identità della coppia ferita dalla separazione. 

CARTA D’IDENTITA DELLA COPPIA

 FERITA DALLA SEPARAZIONE

Risultato immagini per disegni carta identità della coppia


Età di entrambi i partnerPresenza di figli
Abbigliamento
Occupazione (lavoro) e condizioni economiche
Eventuale divorzio e rapporti con gli ex coniugi, affidamento dei figli
Interessi e bisogni
Tipo di relazione all’interno della coppia 
Rapporti con l’esterno della coppia (amici, colleghi, ecc.)
Famiglie d’origine (come sono? Quali equilibri?)

La coppia separata, chi ci ricorda? (una coppia protagonista di un film, oppure di un romanzo o di una serie tv (recente o del passato; una coppia di personaggi noti) …………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..

MOTIVAZIONI per cui chiedono di separarsi

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Vi chiedo di lavorare insieme in questi termini: ho messo un piccolo schema perché voi se un giorno vi capiterà di essere operatori che accolgono queste coppie siate un attimo consapevoli di che cosa andate a toccare, a maneggiare. Per esempio come vi immaginate una coppia che può venirvi a chiedere aiuto? Di che età può essere questa coppia separata? Scegliete voi il tipo: se sia divorziata, in seconda unione oppure che se sta ancora affrontando delle ferite… lascio a voi la scelta anche sulla base delle vostre esperienze. C’è o meno la presenza di figli? Da parte di entrambe le persone che per esempio stanno costituendo una coppia nuova: come gestiscono questa situazione? Come sono vestite? Vi sembrerà strano ma è importante anche immaginare gli aspetti estetici che appaiono perché poi sono rivelativi di tanto altro… o che lavoro possono avere? Quali sono le loro condizioni economiche?  Come vivono queste persone, da quale contesto provengono? Hanno già il divorzio o sono già in nuova unione o hanno concluso tutte le pratiche legate alla separazione? Hanno rapporti con gli ex coniugi e di che tipo: rapporti conflittuali ancora oggi o rapporti dipanati, appianati? Collaborano per la crescita dei figli? Chi ha l’affidamento? L’affidamento è congiunto o proporzionato? Quali sono poi i loro interessi/ bisogni?

Di fronte a queste coppie, a queste persone è importante riconoscerne i bisogni, valorizzare la loro risorse. Ancora: che tipo di relazione esiste all’interno di questa coppia per esempio ricostituita? Spesso tralasciamo questo aspetto perché crediamo che essendo in coppia nuova sia tutto a posto ma queste persone ereditano un fallimento nella relazione precedente… il fallimento è stato elaborato? Ci sono stati dei momenti attraverso i quali queste persone hanno potuto chiudere il percorso precedente? Non è che per caso si portano degli strascichi e che che poi subentrino delle particolarità legate anche a situazioni precedenti al legame fallito? 

Che rapporti hanno con il mondo esterno? Che tipo di rapporti hanno mantenuto/ mantengono? Stanno creando amicizie e hanno relazioni significative con colleghi di lavoro – gruppi- realtà associative? Come vengono inquadrati: sono accolti/ non accolti? Ne fanno parte o non ne fanno più parte? Si vergognano?

E infine le famiglie di origine. Questi aspetti non sempre li consideriamo. Abbiamo più famiglie di origine da considerare anche per i figli che si troveranno ad avere delle famiglie di origine, dei ceppi, delle stirpi che sono multiple:  come sono le relazioni che i membri della coppia hanno mantenuto con le famiglie di origine? Quali sono gli equilibri – questo lo dico perché in buona parte dei casi soprattutto gli uomini quando concludono una relazione a livello di separazione dal matrimonio precedente spesso si “rifugiano”, chiedono aiuto alle famiglie di origine e spesso vivono con loro.

Quindi c’è tutto un mondo che si apre e che non possiamo ignorare.

Infine  qualche stimolo anche per trasformare questo nostro incontro nell’immaginazione ma anche nella concretezza/ possibilità di lavorare su ipotesi future:  la coppia separata chi ci ricorda nella nostra esperienza? Una coppia protagonista di un film oppure di un romanzo, di una serie TV recente o del passato, una coppia di personaggi noti oppure una coppia  che conosciamo o che abbiamo accompagnato/ seguito… e poi vi dico insieme di riflettere. 

La parte finale è sulle motivazioni per cui chiedono di separarsi. 

Quindi bisogna un po’ lavorare perché se non lavoriamo sul nostro mondo, su quello che è la nostra esperienza, difficilmente poi i contenuti che potremmo scambiarci potranno essere introiettati e appresi rispetto appunto al compito che ci siamo prefissi oggi.

 Vi lascio ogni 10 minuti e poi ci attiviamo con un piccolo dibattito per vedere a che punto siamo.

Confronto

Allora riprendendo un po’ le fila di quello che dicevo avete offerto delle sfumature degli interventi che mi aiutano a presentarvi questi due orientamenti di tipo culturale.

Come leggere il contesto: ho incontrato  numerose coppie sia per formazione sia per consulenza in alcuni casi anche per terapia perché in una buona parte del mio operato degli ultimi anni ho accolto e ho ascoltato anche tanti padri che vivono il dramma della separazione. In diversi interventi emergeva il fatto delle mamme addolorate ed è giusto ma ci sono anche i papà addolorati. Io  cerco sempre di guardare le due prospettive perché sono cariche di rabbia, cariche di aspettative deluse e sono carichi anche di non detti che hanno raggiunto delle potenze “nucleari” .Sono esplosioni mal tenute.

Quindi proprio per questo vi propongo due orientamenti che possono aiutarci a decodificare il portato del dolore che queste coppie nuove portano e anche a capire come intercettare il tipo di ferita ( attenzione Io su questo mi permetto di essere puntiglioso perché a volte noi sovrapponiamo l’idea di ferita che abbiamo in testa con la loro;  quindi crediamo di ascoltare di accogliere per quello che abbiamo in testa  quando in realtà loro portano una loro ferita che va letta anche sulla base del contesto nel quale ci troviamo.

  1. Il primo orientamento è quello che emerge soprattutto  dai racconti delle coppie quando li ascolto, soprattutto quando vengono per l’ipotesi di separazione o per l’ ipotesi di crisi che sono molto frequenti. Le coppie continuano a dire che nel passato loro avevano grande affinità di coppia. Un termine che torna tantissimo. Cosa vuol dire affinità nella coppia  che loro portano come valore, come contenuto? Cerco di esplorarlo. Innanzitutto il  primo è il concetto di incastro di coppia:  quando parlano di affinità stanno velatamente dicendo che ci sono bisogni, aspettative, attese e lasciatemi dire anche ferite …perché spesso nel contesto conppia l’altro viene scelto anche per poter lenire o appianare o In un certo qual modo riparare delle ferite che ci portiamo dalla nostra esperienza familiare precedente.Della nostra storia del nostro vissuto Quindi nell’affinità c’è un po’ tutto.
  2.  l’altro concetto che mi viene da utilizzare lo ha appreso nella mia formazione in Cattolica è quello di patto segreto.  Il patto segreto è un patto implicito  capace di raccogliere tutto ciò che noi non diciamo quando diventiamo coppia. 

Quindi ci sono una serie di fili molto delicati, tessuti nella regione inconsapevole e soprattutto mediata poi dalle aspettative che tiene unita un po’ la coppia. 

Le coppie di oggi ritengono questa affinità un vero “fenomeno naturale”: è naturale che ci siano delle affinità, che ci sia un patto segreto un incastro ed è così forte e pregnante questo fenomeno che effettivamente contrasta – il verbo non è usato a caso –  con i progetti individuali dei singoli membri della coppia. Oggi la spinta culturale è verso l’autorealizzazione- discutibile o meno, è un dato oggettivo della cultura. Quindi a volte l’incastro, il  patto segreto, l’affinità va a ostacolare quelli che sono i progetti individuali dei membri del complesso coppia.  Non dimentichiamocelo mai perché c’è una spinta molto forte che la cultura fa passare surrettiziamente. Guardate solo le pubbliche, fate una lettura diacronica e sincronica delle pubblicità, guardate che cosa scrivono e cosa dicono in trenta secondi. Un messaggio martellante, surrettizio,  subliminale che incide poi nello sviluppo dei nostri desideri. Attenzione a questo aspetto. Solo questo basterebbe.

I fattori esterni, quelli sociali di un tempo in cui, per fare un  esempio, le famiglie favorivano  certe scelte –  le promesse pubbliche espresse nel matrimonio civile o religioso sacramentale – oppure il “per sempre”, contano sempre di meno perché le spinte culturali agevolano processi interni di altra natura.

Ora cosa mi sa dire questo primo concetto dell’affinità che oggi come oggi la coppia costituisce in senso romantico, in senso strettamente relazionale? Che  essa stessa è la propria giustificazione e il proprio valore. Quindi mentre prima avevamo degli addentellati di valore esterni (la fede del sacramento del matrimonio ma anche civili – coppia come bene sociale e non soltanto come bene intimo , v. sociologi come Pierpaolo Donati ).

Tutti questi addentellati che avevamo all’esterno purtroppo la coppia non li legge più come li leggevamo noi. Quindi la coppia si attribuisce dal proprio punto di vista il significato della storia del legame a due. Ognuno sembra dire all’altro o all’altra la nostra coppia si fonda solo su di noi. Dipende da noi se dureremo, se andremo in crisi, se recupereremo, se ci lasceremo… solo noi solo noi possiamo dirci di essere fatti l’uno per l’altra. Psicoanalisti, psicoterapeuti ma anche filosofi contemporanei elogiano questa modalità e dicono che la coppia finalmente è coppia come organismo vivente a sé.

Nessuno si può introdurre nel noi della coppia perché è venuto meno il suo aspetto “pubblico” . Perché ci sono i testimoni sia in un rito civile che in un rito sacramentale e religioso? Gli amici e le  amiche costituiscono una rete importante per l’aiuto alla coppia. Qualche anno fa Giuseppe Angelini teologo moralw meraviglioso che insegnava alla facoltà teologica di Milano la definiva famiglia affettiva/ coppia affettiva che si struttura soltanto nel nucleo della propria affettività, ignorando tutti gli aspetti etici di rispetto e di impegno.

Quando parlavo a coppie di nubendi  dell’impegno sono scoppiate a ridere. Non ridono perché mi vogliono male ma perché hanno una grammatica concettuale diversa da quella che intendiamo noi.

  1. La coppia che vede nella propria affinità e attribuisce a se stessa il senso della propria esistenza si apre a una prospettiva trascendentale, a una dimensione che effettivamente supera i membri della coppia e che coincide con la loro rappresentazione interna di coppia. Attenzione: non ha nulla a che vedere con la fede, con i valori religiosi, civili e di altro tipo. Mentre noi parliamo del Terzo della coppia dal nostro punto di vista:  la sporgenza, il noi della coppia è abitato dallo Spirito, da una Presenza che aiuta la coppia a strutturarsi come coppia.   A  volte faccio l’esempio, soprattutto per le coppie che si preparano al matrimonio, che il patto della coppia è un patto a tre, c’è anche Dio che scrive nella loro vita come loro scrivono nella Sua. Le coppie che oggi vengono e quindi portano il dolore della separazione hanno invece in mente un’altra idea:  c’è sempre un terzo, un assoluto che è proprio la rappresentazione che la coppia dà di se stessa. Attenzione dunque perché questo assoluto, questa presenza terza non è quella che noi crediamo. Mi riferisco anche alle coppie che si avvicinano a noi.

Questa rappresentazione interna entra poi nella vita. I membri della coppia è lì che guardano. Una rappresentazione che a volte comporta una rischiosa idealizzazione e quindi non appena questo terzo di coppia, questo involucro, subisce crisi si diventa come calcolatori di tutto quello che non è andato in questo nucleo idealizzante. Domanda provocatoria: noi  continuiamo a pensare che le coppie attuali –  non tutte ovviamente – possano riferirsi a questi valori esterni, al “per sempre” quando in realtà loro si appoggiano solo su loro stessi, sulla rappresentazione che hanno della loro  coppia? Duro da accettare. 

Alcuni come Philippe Caillé e altri del mondo soprattutto nord europeo – sostengono che il fatto che la coppia che si costruisce su di sé, si autolegittima, la rende probabilmente più autentica delle coppie del passato. Però io dico che data l’assenza di quello che può essere il ritorno  sociale, lo spazio sociale istituzionale questa è  realmente una coppia più forte o magari ha delle fragilità che noi oggi non ancora vediamo? Per noi operatori pastorali è importante sapere che questo è il retroterra culturale, sociale, valoriale che genera l’attuale rappresentazione della coppia. Ascoltando queste coppie pur proteggendo la nostra visione  è necessario allargarla, toglierci i paraocchi idealizzanti: queste persone arrivano così, con questa struttura inconsapevole e per questo che vanno amati e amate.  

Allora ci occupiamo più dell’idea di ferita che abbiamo in testa oppure di quella reale? quando vengono lì ti dicono “non c’è più storia” e cominciano con quelli che io chiamo “lamenti di coppia”. 

La coppia sovrana,  la coppia che si auto legittima, la coppia autoreferenziale quale dolore attraversa quando va in crisi? E io vi dico che per esperienza personale non è semplice da comprendere. Quello che fanno di solito quando vengono è accusare l’altro del proprio star male e lo fanno reciprocamente. Non è insensato ma attenzione ciò che sta succedendo è che sta venendo meno quel terzo, quell’assoluto costruito solo sulla propria rappresentazione: viene oscurato e viene ignorato perché poi ci sono le proprie rivendicazioni perché poi si torna io dico alla realtà. Ci sono sono anche  bisogni e crescite individuali che non sono allineate Poi si interrompe il ciclo del dono: questo terzo, questo assoluto di coppia è basato sul dono di una fiducia. Il ciclo del dono di una completa dimensione di affidamento all’altra persona, quando inizia la crisi, si può interrompere, si può rallentare, può essere messo in discussione. La domanda tipica Mamma mia Ma come mai sono arrivato a questo? Ma è llui/lei  la persona con cui avevo scommesso e creato un progetto di vita? Da qui si può attivare quello che sempre Philippe Caillé chiama “il ciclo della vendetta” di cui ho paura. Si arriva all’attacco alla vulnerabilità dell’altro: non si vede più niente. Paradossalmente si va a colpire proprio la parte fragile, vulnerabile dell’altra persona che ci si era impegnati a custodire all’inizio della storia.Guardate Quando si arriva è dura. Crolla quel noi custodito su una rappresentazione idealizzante – se mi sentisse Philippe Caillé contesterebbe quell’”idealizzante” ma per me è così. Quindi il deterioramento che a volte può esserci presentato, può aver causato anche delle lacerazioni insanabili e questo è soprattutto evidente quando ogni partner si rende conto che il terzo l’assoluto di coppia non è mai stato realmente tale. A volte scoprono che la rappresentazione della coppia era illusoria, non fondata su un progetto comune e sono dolori per entrambe. Ecco perché spesso si arriva alla rottura anche brusca e il dialogo e la comprensione saltano su altri livelli. Ecco a voi operatori pastorali dico che tutti questi grumi dolorosi, tutti aggrumati vanno svolti non applicando la nostra griglia di lettura. Vanno, come scrivete nel vostro documento, accolti in modo incondizionato. Come Gesù quando ha incontrato la Samaritana: le dice di raccontarsi vedendola per quello che è. Così permettiamo un riconoscimento di questo dolore. Èun lavoro paziente, un lavoro lento. Creiamo uno spazio. Il gioiello dell’ascolto è creare uno spazio di comfort per l’altra persona dove  può ritrovarsi. si può vedere, si può leggere nella parte fragile. Ricordiamoci sempre della parte di risorsa perché se vengono a chiedere aiuto è il punto a loro favore. Ecco immaginiamo da qui da tale traiettoria, le vostre prospettive di ascolto perché voi avete elaborato anche idee che vanno sicuramente Incoraggiate. Ecco non entro in merito ma vanno sicuramente svolte, agevolate. Suggerisco di immaginare questo passaggio come una vera e propria elaborazione del lutto Sì perché le rotture di relazione sono lutti. Se non lo elaboriamo si ripresenta, come i carboni ardenti sotto la cenere. C’è poi tutta la parte traumatica… entrambi sono grumi chiusi:  se il trauma non è elaborato, se il dolore, il lutto, non viene elaborato, si presenta in situazioni simili, si attiva prima della consapevolezza. Ogni separazione e ogni divorzio andrebbero bene elaborati, andrebbero chiusi, andrebbero sarciti ( la sarcitura è qui come una cucitura del dolore). Bisogna  farci pace prima di ripartire perché per questo diventa importante seguire delle tappe del tempo come quelle che suggerisce Papa  Francesco in Amoris laetitia

Eccole qua 

  1. un esame di coscienza, tramite momenti di riflessione e di pentimento. 
  2. come si sono comportati verso i loro figli quando l’unione coniugale è entrata in crisi; 
  3. se ci sono stati tentativi di riconciliazione; 
  4. come è la situazione del partner abbandonato; 
  5. quali conseguenze ha la nuova relazione sul resto della famiglia e la comunità dei fedeli; 
  6. quale esempio essa offre ai giovani che si devono preparare al matrimonio.

io ve le riporto velocemente sono sei criteri che spero diventino anche un modo, una strada per impostare dei possibili percorsi.

  •  il primo a fare un esame di coscienza tramite momenti di riflessione considerando il contesto culturale che abbiamo guardato insieme a oggi – lasciamo stare un attimo il pentimento.
  •  chiedersi come si sono comportati verso i loro figli quando l’unione coniugale è entrata in crisi ( aiutare i bambini a elaborare questo processo della loro vita)
  •  verificare se ci sono stati tentativi di riconciliazione e qui è importante fare rete come dicevate voi con i consultori familiari. Che paura c’è a costruire progetti anche con loro;  in diocesi di Milano  lo facciamo non con tutte le parrocchie ma c’è.  Il gruppo Gruppo ACOR – Porta della Speranza Pastorale per fedeli separati, divorziati e in nuova unione opera a Milano da quasi 25 anni 
  • come è la situazione del partner che viene abbandonato qui i padri sinodali che a cui vogliamo tanto bene ragionano con categorie vecchie. Lo dico con affetto e nessuno se la prenda se hanno ragionato sul termine abbandonico dove uno è colpevole l’altro no. No, perché quando finisce una relazione le responsabilità – tranne casi di violenza estrema, di gravissime situazioni – non è che uno è abbandonato e l’altro no: ci si abbandona. Quindi bisogna fare un lavoro per questo nella scheda vi avevo messo come sono i rapporti con gli ex coniugi. 
  • quali conseguenze ha la nuova relazione sul resto della famiglia e la comunità dei fedeli; 
  • quali conseguenze ha la nuova relazione sul resto della famiglia e la comunità dei fedeli; 
  •  quali conseguenze ha la nuova relazione sul resto della famiglia e la comunità dei fedeli;  è un grosso tema cui abbiamo accennato in precedenza…
  • quale esempio essa offre ai giovani che si devono preparare al matrimonio.
  • quale esempio essa offre ai giovani che si devono preparare al matrimonio.
  • quale esempio essa offre ai giovani che si devono preparare al matrimonio. Quale esempio poi questa coppia può offrire alle coppie che si preparano al matrimonio bisogna iniziare anche a immaginare questo e  concordo quando si dice che è importante avere  una persona che ha vissuto esperienze di questo tipo che può poi magari contribuire a dare un pensiero un’esperienza costruttiva in tal senso.

Alcuni esempi da cui potete anche ispirarvi:

  •  il centro famiglie di Treviso fa davvero un lavoro molto importante sulle coppie nuove e anche sulle coppie ferite 
  • vi suggerisco anche di interfacciarvi con esperienza della diocesi di Como che addirittura ha elaborato a strutturato una celebrazione di tipo liturgico-pastorale per far accedere alle coppie nuove, dopo un percorso di lavoro interno di purificazione chiamiamolo così, al Sacramento della Penitenza e dell’eucaristia.

Quindi vedete che esperienze di questo tipo ci sono. 

Ecco io finirei qui lasciando poi a voi la bellezza della responsabilità di progettare perché da quello che vedo e sento – anche dalla vostre domande inviatemi – dalle vostre parole Io dico che voi avete un futuro radioso, ampio. 

Esercitazione finale

Però vorrei lasciarvi con un’esercitazione finale che poi se volete nello spazio di condivisione che avrete tra di voi potrete guardare insieme. Vi chiedo di procurarvi un foglio bianco e dei colori. È un attività che potrete a vostra volta riproporre. Si chiama il cielo dei desideri. 

  • Su un foglio bianco disegnate due cerchi Riempite il primo con tante stelle quanti i propri valori, desideri e qualità di voi (ad es come coppia referente dell’ufficio di pastorale…); vi do 3-4 minuti poi passiamo al secondo cerchio.
  • Ora nell’altro cerchio vi chiedo si riempirlo con altre stelle che rappresentano desideri-qualità di altre coppie cui potremmo lasciare il testimone, che appartengono al nostro staff o che vorremmo coinvolgere nel nostro staff. Anche qui altri 4 minuti per disegnare questo meraviglioso cielo che state realizzando.
  • ora vi chiedo di collegare come per voi è meglio nel primo e nel secondo cerchio, cercando i punti di contatto e immaginare questo cielo stellato come esperienza del futuro, dove l’esperienza di chi c’è già stato può creare ponti di accoglienza nei confronti di chi arriverà. Chi arriverà, chi già c’è e chi potrebbe arrivare può aprire ponti di accoglienza per accogliere l’esperienza già avvenuta:

“ Il futuro può essere tale in una dimensione integrativa”.

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